Una lettura imprescindibile perché non ci si debba più chiedere cosa sia la guerra. Svetlana Aleksievic, premio Nobel per la letteratura afferma che un giorno le persone studieranno la storia leggendola sui libri di Katerina Gordeeva. Non tanto la storia della guerra, quanto piuttosto, quella delle persone in guerra.
Il libro raccoglie le testimonianze di un popolo
che, da un giorno all’altro, si è trovato in guerra contro un popolo che era sempre suo. “Metà della nostra famiglia vive in Ucraina, a Kiev: mio fratello e mia sorella, con le loro famiglie e i loro figli.. La mia nazione – per cui formalmente anche a mio nome- ha mosso guerra a quelli che amo.” Così la scrittrice nella Prefazione. Con il cuore in mano e l’urgenza di raccontare questa tragedia andando fa le persone, raccogliendo le storie dei singoli che, unite, sono le storie di tutti.

Katerina Gordeeva è giornalista, scrittrice e documentarista.
Con lo scoppio della guerra Russia/Ucraina, decide di andare sul campo, documentare l’atrocità della guerra attraverso le parole delle persone che la stanno vivendo per lasciare una testimonianza autentica per i suoi figli e per le generazioni future. In Russia però “non è più gradita” ed è emigrata in Lettonia.
24 capitoli, 24 racconti di vita
Tania scrive: ”Alesa è mio figlio. Il giorno prima era uscito per andare a cercarmi. Degli uomini del nostro rifugio l’hanno trovato alcuni giorni dopo con lo stomaco squarciato. È la colpa è mia. È me che era venuta a cercare.”
Julja, dopo esser sopravvissuta ad un attacco e convivere con una scheggia di proiettile nella testa, dice “ È passato il tempo della paura. Non posso più avere paura. Non so chi e come potrebbe farmi peggio di quello che è adesso” ma, nonostante questo, riesce a veder e apprezzare i tulipani. “I tulipani. Sapessi che sussulto ho avuto nel cuore” “Erano sbocciati? Com’è possibile?” “E che, secondo te per la guerra dovevano smettere di crescere? No, sono cresciuti e sono sbocciati.”
La scrittrice racconta di una guerra che devasta
ma che unisce, che riporta l’uomo all’umanità, alla condivisione di sentimenti comuni. tutti vittime, tutti vinti. In guerra non vince mai nessuno. “La piccola Ljuda si appende alla grande Tanja e restano così, abbracciate, e piangono. Io faccio crollare la fronte sul tavolo e vorrei sparire, dissolvermi e non vedere mai più in vita mia due donne unite dalla guerra che piangono e ridono abbracciandosi. E io non posso unirmi al loro abbraccio perché ,ad ogni effetto, sono cittadina del paese che ha trasformato la loro vita in un inferno. E di questo mi ricorderò ogni istante della mia vita”.

Fra i racconti strazianti, qualche luce di speranza
Una mamma che non sa se ama la figlia di pochi mesi: non trova un senso per continuare a vivere perché ha partorito da poco e ha visto morire l’altra sua figlia perché non è riuscita a proteggerla perché nella pancia aveva la sorellina. “Non so come potremo vivere, io e lei, ricordando quello che è successo”.
Tanja che ha dovuto abbandonare la sua casa all’arrivo dei soldati russi e ha vissuto da profuga, dice: ”sai che cosa mi ha insegnato la guerra? Che nelle situazioni disperate, in cui non hai il controllo su niente, è più facile sopravvivere se c’è qualcuno di cui prendersi cura “.
Un pensiero di speranza dalle parole di una donna ucraina tornata a Kiev dopo aver rischiato la vita per un proiettile e aver perso il marito: “Impareremo di nuovo a vivere. Adesso sappiamo tante più cose su noi stessi. Sappiamo quanto poco ci serve per essere felici. Ecco tutto“.

Leggerlo perché
è straziante ma è autentico
Neo
non fa dormire