Parla il cardiologo Prof Giuseppe De Angelis
La malattia cardiovascolare è la prima con cui si lascia questo pianeta

Con il consueto evento annuale in Cardiologia si misurano le “Controversie” e si valutano gli “Aggiornamenti”.
Si analizzano pro e contro riguardanti tematiche di interesse generale, non solo per la formazione di medici e infermieri ma che a cascata riguardano il pubblico, i pazienti, oppure potenziali tali.
Con l’occasione dell’11 edizione dell’aggiornamento professionale intervistiamo il Prof. Giuseppe De Angelis, Responsabile Scientifico del Congresso e Direttore del Dipartimento di Medicina e Riabilitazione ASST Rhodense, Garbagnate Milanese.
Professore buongiorno.
Ci siamo visti l’ultima volta un anno fa, ci dice il bilancio di questi mesi dal punto di vista dei risultati alla luce anche di undicesima edizione?
Che, detto fra noi, pare sia è andato molto bene
“Sì, in sintesi direi che il convegno è andato molto bene sia per la partecipazione e sia per la profondità degli argomenti trattati.
È stato soddisfacente anche dal punto di vista organizzativo considerato che di solito ci sono contemporaneamente vari convegni e congressi.
Quindi, diciamo, che da un certo punto di vista ci si fa un po’ “la guerra” fra i vari specialisti proprio per avere audience e partecipazione.
Insomma, considerando tutto direi che siamo molto contenti”.
Temi interessanti e produttivi per la crescita personale e professionale dei partecipanti. Medici e infermieri presenti…
“Gli argomenti trattati sono estremamente moderni e attuali.
Nascono proprio dalla richiesta “della base”. I temi sono nati da domande specifiche del territorio.
Dalle necessità della medicina del territorio di approfondire particolari temi e da qui, la richiesta che si affrontassero questi argomenti. Abbiamo cercato di dare delle risposte ….”.
Una questione di domande e risposte. L’importanza della formazione professionale…
“Sì, Abbiamo dato una risposta a quella che è la richiesta di aggiornamento su temi molto pressanti e importanti come appunto il trattamento della cardiopatia ischemica.
Argomento approfondito alla luce delle ultime linee guida e dei bisogni che hanno i medici di base nel trattare questi pazienti che rappresentano il grosso dei loro assistiti.
Ricordiamo sempre che la malattia cardiovascolare è la prima con cui si lascia questo pianeta, quindi è chiaro che diventa un interesse per tutti”.
Temi ripresi dall’edizione del 2023?
“Si. Perché noi ci occupiamo di assistenza, diciamo così, sociale quindi non soltanto sanitaria, in senso più lato del termine. I temi perciò sono praticamente sempre connessi.
Dall’anno scorso a quest’anno il bilancio è assolutamente positivo perché gli argomenti aperti lo scorso anno si sono conclusi nel 2024 e ora affronteremo questo 2025.
Ogni tema è stato comunque affrontato e approfondito.
Si è stabilito un percorso terapeutico e diagnostico di malati così complessi quali sono i cardiopatici”.
Quali sono i pazienti cosiddetti cardiopatici?
“Innanzitutto, sono pazienti complessi, fragili.
Ad esempio comprendono i pazienti con l’infarto, con la cardiopatia ischemica cronica, i pazienti con lo scompenso cardiaco, i pazienti che hanno device appunto come profilassi o come trattamento di malattie più articolate”.

Proprio a proposito di pazienti “complessi”.
Qual è la responsabilità individuale e collettiva del cosiddetto paziente fragile?
Quali sono le strategie terapeutiche, organizzative e governative attuali?
“Diciamo che il tema del paziente fragile o della fragilità del paziente è sicuramente attuale e sarà sempre più attuale in considerazione di due fattori.
Il primo fattore è rappresentato dal fatto che la popolazione invecchia.
L’età si alza e rappresenta ancora ad oggi il problema sociale più importante.
Con l’età aumentano anche le patologie.
Con l’età avanzata di solito ci si trova a dover trattare più patologie in maniera contemporanea”.
Età avanzata, sinonimo però di vita più lunga …
“Si, certo. Ed è una colpa sicuramente della nostra sanità.
Una colpa positiva, nel senso che il paziente oggi sopravvive a tutta una serie di patologie e quindi il paziente “salvato” si espone a patologie croniche.
Il paziente, con il passare degli anni si espone ad una patologia ingravescente che viene tamponata dalla terapia medica, oppure anche grazie anche ai device.
Più si vive, logicamente più si è esposti a maggior vulnerabilità”.
I pazienti “complessi-fragili” una volta senza device morivano prima…
“Si, certo. Erano più deboli, appunto più fragili.
Una volta quei pazienti complessi morivano giovani e oggi invece perdurano nel tempo, grazie appunto a questo supporto di cui abbiamo appena detto.
Quindi la fragilità sarà un tema, ed è anche già oggi un argomento, sempre di più sottoposto al chi deve fare cosa.
Perché fragilità è un tema facile da capire, ma bisogna anche pensare ad un percorso che tenga conto di come affrontare la fragilità in senso più alto del termine, dal punto di vista del paziente che riguarda la sua malattia, ma non basta…”.
Cosa serve di altro?
“La difficoltà del paziente fragile a gestire la sua quotidianità.
E quindi, oltre ai discorsi sicuramente terapeutici, serve individuare un gruppo di lavoro in cui ciascuno compatibilmente con la propria professionalità deve affrontare il problema.
La questione deve essere affrontata da una équipe, da un gruppo di lavoro.
Non è pensabile che un paziente che ha una malattia cronica, che per definizione va trattata e sapendo che può soltanto peggiorare nel tempo, possa essere affrontato solo dalla parte sanitaria”.

Da quale altra parte deve essere affrontata la problematica del paziente “complesso-fragile”?
“Oltre alla tematica sanitaria si devono valutare anche gli aspetti etico-assistenziali.
Si deve tener conto anche della fragilità psicologica di questi pazienti.
Il tutto comunque comporta una presa in carico a trecentosessanta gradi e questo si scontra con la problematica per cui oggi il personale medico, infermieristico e sanitario in generale è sempre più scarso”.
Un passo indietro, parlavamo di come la condizione attuale di fragilità del paziente sia legata a due fattori. Il primo è connesso all’invecchiamento. Il secondo?
“Il secondo fattore è legato al fatto che la medicina del territorio ha sempre più difficoltà a prendersi carico di questi pazienti fragili, perché sono numerosi e perché le risorse sia economiche che, appunto anche strumentali, sono sempre più scarse.
Questo è un problema che si dovrà affrontare e si deve iniziare adesso che ancora siamo in grado di poter trovare una soluzione per far sì che il paziente sopravviva.
Sopravvivenza non solo a lungo termine, ma che tenga conto anche di come il paziente “complesso-fragile” sopravviva anche in qualità.
Qualità naturalmente confacente al trattamento sanitario”.
Grazie Professore De Angelis per il tempo e le informazioni di pubblica utilità. Arrivederci.
Il Prof Giuseppe De Angelis è Direttore del Dipartimento di Medicina e Riabilitazione ASST Rhodense, Garbagnate Milanese, a cui fanno capo 2 U.O.C di Medicina del presidio ospedaliero di Rho e una del presidio ospedaliero di Garbagnate, una U.O.C di Oncologia, una U.O.C di Gastroenterologia, una U.O.C. di Nefrologia, una U.O.C di Neurologia, una U.O.C di Pneumologia e un reparto di Medicina estensiva del presidio di Passirana. Confluiscono poi, per funzione, il reparto di Medicina Geriatrica e Sub-acuti del presidio ospedaliero di Passirana e di Bollate. E’ docente presso l’Università degli Studi Milano e Università Vita e Salute HSR Milano
L’intervista non contiene tracce di intelligenza artificiale