All’inizio di aprile si diffondono a macchia d’olio sui social video che mostrano brutali pestaggi. “Ronde anti maranza” le chiama qualcuno, le vittime sono spesso giovani nordafricani di seconda generazione aggrediti da un gruppo che si denomina “Articolo 52“. Il nome è un richiamo pindarico all’omonimo articolo della costituzione : “la difesa della patria è un sacro dovere del cittadino”, una dichiarazione d’intenti insomma, pattugliare in maniera autonoma zone della città considerate a rischio e intervenire contro i maranza. Per chi non conoscesse il termine, il maranza è l’equivalente moderno del tamarro ma con alcune differenze: prima di tutto indica anche un comportamento attacca briga e in certi casi criminale e in secondo luogo è riferito spesso a giovani extracomunitari.
Le indagini
Non entriamo nel merito delle singole aggressioni. Gli eventi finiscono presto sotto gli occhi della procura di Milano che ipotizza il reato di associazione a delinquere. Le indagini scoperchiano una struttura organizzativa complessa che opera sia su Instagram che su un gruppo Telegram chiamato “gli Orgogliosi” con oltre 6000 membri. Il gruppo condivideva video, organizzava ronde e raccoglieva fondi attraverso un conto lituano.
Perché Telegram?
Proprio Telegram, piattaforma fondata nel 2013 da Pavel Durov, non è nuova a controversie legate ad attività extralegali, tanto che il suo fondatore è stato arrestato con diverse accuse di complicità in attività criminali dalle autorità francesi nell’agosto 2024. La piattaforma, con la sua architettura privacy oriented che permette l’anonimizzazione degli utenti e la creazione di gruppi accessibili anche senza invito ha fatto nascere un vero e proprio sotto bosco dove non esistono controlli. Le indagini francesi sul caso Durov sono ancora in corso ma il CEO di Telegram è stato rilasciato a inizio marzo 2025.
Il fenomeno Articolo 52
National Daily Press ha indagato il fenomeno dei canali “anti-maranza” su Telegram. Nelle settimane successive all’indagine della procura di Milano c’è stata una preoccupante recrudescenza dei gruppi sulla piattaforma. Sono nate diverse community emulatrici di Articolo 52, in totale contiamo poco più di 1000 partecipanti. I contenuti sono sulla falsa riga dell’originale, emerge un forte disagio sociale specie da ragazzi giovani preoccupati per la loro sicurezza e che raccontano storie di aggressioni e molestie subite. Questo mette in luce come il problema della microcriminalità sia particolarmente sentito e reale, spingendo molti a cercare un’alternativa ai canali istituzionali. Il tenore però viene inevitabilmente trascinato in una galassia di carattere eversivo e di estrema destra con slogan razzisti e riferimenti al fascismo. Il rischio concreto è che molti utenti adolescenti alla ricerca di una soluzione rimangano catturati all’interno di una bolla ideologica che li estremizza sempre più.
Uno dei collettivi si è ulteriormente organizzato creando sottocanali territoriali finalizzati a pianificare incontri e ronde. L’accesso è diventato selettivo, richiedendo un’autenticazione per poter partecipare alle discussioni, seguendo il modello del gruppo originale. In alcuni messaggi inoltre, si menziona un contributo economico destinato all’acquisto di materiale per i pattugliamenti.

Rischio all’orizzonte
Il gruppo originale si finanziava tramite versamenti su un IBAN lituano, le informazioni sono ora al vaglio della procura. Bonifici di questo tipo sono facilmente tracciabili, ma emerge il rischio che i nuovi gruppi passino a un sistema di finanziamento basato su cryptovalute. I portafogli crypto non sono direttamente collegati a persone fisiche e tecnologie come Monero consentirebbero versamenti anonimi e non identificabili.
Un delicato equilibrio
Oggi disponiamo di piattaforme e strumenti come Telegram che proteggono il nostro anonimato da tracciamenti esterni. La privacy totale crea però un delicato equilibrio tra protezione personale e rischio di utilizzo improprio o criminale. La regolamentazione in questa giungla digitale risulta spesso impossibile e, come dimostra questo caso, anche l’azione giudiziaria non riesce a fermare un fenomeno che continua a ripresentarsi senza controllo nei meandri della rete.