Il mistero sussurrato del conte Dracula
Tutto inizia circa due anni fa. Meglio, due anni fa una storia misteriosa ha cominciato ad essere scritta e forse la parola fine non è ancora pronta per essere apposta.
Ci sono ancora dettagli da chiarire per completare il quadro che, già incompiuto, ci rimanda una storia di sangue, dolore e mistero.
Sembrava una storia come tante quella che i vecchi locali raccontavano sussurrando. Storie per spaventare i bambini. Una delle tante che circolano ancora nell’Europa centro orientale. Una in particolare ha superato i secoli e forse ha acquistato l’immortalità come il suo protagonista.
Parliamo del conte Dracula, alias Vladimir Step l’Impalatore
La nostra storia non è ancora diventata così famosa, per ora!
Come dicevo, circa due anni fa, seguendo le indicazioni contenute in questa storia tramandata, in un remoto villaggio polacco, tra le ombre di antichi alberi, un team internazionale di archeologi ha scoperchiato una sepoltura insolita che ha immediatamente catturato l’attenzione del mondo scientifico e non solo.
Immersa nella solitudine di un cimitero dimenticato del XVII secolo a Pien, nella Polonia settentrionale, giacevano dei resti di quella che si rileverà essere una giovane donna. Sepolta con pesanti catene di ferro al collo e ai piedi e una falce posta così che, se mai si fosse rialzata, le avrebbe reciso la gola.
La sua storia è avvolta da un velo di mistero e terrore.
I sussurri e i sospiri raccontano che la giovane fosse temuta dai suoi contemporanei come una “vampira”. Leggenda vuole che il cimitero fosse chiamato il cimitero degli esclusi…Cominciamo a capire.
Il Team di scoperta
L’equipe responsabile di questa particolare scoperta è composta da esperti di diverse nazionalità. Il riferimento è l’università Nicolau Copernicus di Torun.
La dottoressa Gajewska, una archeologa polacca con un interesse speciale per le pratiche funebri del periodo barocco, ha guidato il progetto.
Al suo fianco, il professor Svensson, un antropologo svedese noto per i suoi studi sulle superstizioni europee medievali e il loro impatto sulla società contemporanea.
La squadra includeva anche esperti in tecnologie avanzate e nella scansione 3D nonché nella modellazione digitale, che ha giocato un ruolo cruciale nella ricostruzione del viso della giovane morta che hanno chiamato Zosia.
La prigionia della morte
All’apertura della tomba, il silenzio pesante è stato squarciato dalla vista macabra: una falce di ferro cingeva il collo della giovane e un lucchetto stringeva i suoi piedi.
Lo scheletro di un bimbo con il viso rivolto alla terra le faceva compagnia. Nel cimitero degli esclusi giacevano altri sessanta corpi: sono stati trovati a faccia in giù, legati in posizione fetale, decapitati o schiacciati sotto a una roccia.
Questi macabri ritrovamenti non sono semplici reliquie; sono forse testimonianze di antichi riti funebri, compiuti per impedire che l’anima scossa dai tormenti dei morti potesse tornare a camminare tra i vivi.
Nelle cupe tradizioni dell’Europa dell’Est, tali pratiche erano la risposta a un terrore fisico, quello del vampirismo, ammorbava le notti in cui malattie inspiegabili e morti misteriose erano la norma.
Un volto ritrovato
Grazie a una replica stampata in 3D del cranio di Zosia, l’archeologo e scultore svedese Oscar Nilsson ha potuto ricostruire il suo volto con una precisione meticolosa.
Strato dopo strato, Nilsson ha dato vita a una giovane donna dai tratti delicati e intensi, con occhi che sembrano portare il peso di una vita segnata dalla paura e dalla solitudine. “…Quando guardiamo il volto di Zosia, vediamo una persona, non un mostro”, ha dichiarato l’archeologo. La sua opera ha strappato alla leggenda una vita di sofferenze a cui era condannata per l’eternità.
Il vampirismo
La sepoltura di Zosia ci rimanda una società dominata dalla superstizione, in cui eventi inspiegabili come epidemie, carestie o morti improvvise erano spesso attribuiti a creature soprannaturali. Il folklore dell’Europa dell’Est è zeppo di storie su vampiri e non morti: figure che uscivano dalle tombe per tormentare i vivi, portando malattie e distruzione. Per difendersi da queste presenze temute, le comunità adottavano pratiche estreme: falci sul collo, pali conficcati nel petto e catene per impedire ai presunti vampiri di tornare.
Misteri oltre la morte
Tuttavia, c’è ancora qualcosa di più enigmatico nella storia di Zosia. Gli archivi storici del villaggio di Pien non riportano né il suo nome né alcun evento legato a una presunta “vampira”.
La sua tomba non è contrassegnata da simboli religiosi, un elemento che potrebbe indicare la sua esclusione dalla comunità persino nella morte.
Alcuni oggetti trovati nella tomba – tra cui un piccolo amuleto – suggeriscono che Zosia fosse temuta e allo stesso tempo protetta da qualcuno – chi mai? – che forse la conosceva bene. E poi quale la causa della morte di Zosia? Ancora un mistero…
Il ritorno alla vita
Il progetto di ricostruzione del volto di Zosia non è stato solo un’impresa scientifica, ma un atto di restituzione, il pagamento di un debito che la storia non aveva ancora pagato.
“Coloro che l’hanno seppellita hanno fatto tutto il possibile per impedirle di tornare in vita, e noi abbiamo fatto tutto il possibile per riportarla in vita,” ha dichiarato l’archeologo Nilsson…Di fatto un paradosso!
Quanti uomini, quante donne hanno pagato con la vita la loro diversità. Quanti ne ha uccisi l’ignoranza e la superstizione. Quanti ne ha tormentati e torturati la religione. Molti, moltissimi credo. A noi cercare di ridare loro giustizia, anche a costo di scoperchiare sepolcri.