Il coraggio di far ridere
Triboulet, il buffone che umiliava i re (e la faceva franca)
Satira, intelligenza e follia controllata: la storia vera del giullare più temuto e rispettato della corte francese
“Ride, ma sa più di tutti.
Non ha spada, ma disarma.
Nessuno lo teme davvero,
eppure nessuno lo sfida.”
(Autore sconosciuto)
Non solo risate: il buffone che diceva la verità
In un’epoca in cui una parola sbagliata poteva condannarti alla ghigliottina (o peggio, alla tortura), Triboulet parlava con una libertà che nessun altro poteva permettersi. Buffone ufficiale delle corti di Luigi XII e Francesco I di Francia, era sì un clown, ma il suo vero talento stava altrove: nella mente.
Era un comico, ma anche un consigliere mascherato. Un jester che prendeva in giro i potenti, li metteva a disagio, e lo faceva col sorriso. Non era pazzo, ma ne indossava la maschera per sopravvivere — e per colpire.
Chi era davvero Triboulet?
Il nome “Triboulet” deriva probabilmente dal verbo francese tribouler, che significa “tormentare” o “scombussolare”: nome perfetto per chi, come lui, scardinava l’ordine apparente delle cose. Il più famoso con questo soprannome fu Jean de Triboulet, attivo tra fine Quattrocento e inizio Cinquecento.
Aveva una deformità fisica, si parla di una gobba o di una malformazione cranica (microcefalia), che lo rendeva visivamente memorabile. Ma era la sua intelligenza feroce a renderlo pericoloso. Non era un semplice giullare: era una mente brillante in un ruolo dissimulato. Sapeva osservare, capire, colpire.
L’insolenza autorizzata: come il buffone sfidava il potere
Essere un buffone significava vivere ai margini delle regole. Era una licenza per dire l’indicibile. Triboulet usava questa libertà con precisione chirurgica: ridicolizzava ministri, svelava ipocrisie, graffiava i costumi di corte con battute che sembravano leggere ma portavano peso.
Francesco I, re potente, amante delle arti e della cultura, lo stimava. Nonostante le sue provocazioni, gli garantì protezione. Ecco perché Triboulet poteva fare ciò che nessun altro osava.
Uno degli aneddoti più noti racconta che, dopo un insulto eccessivo al re, questi lo condannò a morte. Ma gli concesse di scegliere come voleva morire. Triboulet rispose:
“Buon sire, per amore di San Nitouche e San Pansard, patroni della pazzia, scelgo di morire di vecchiaia.” Il re senza parole non poteva fare altro che ridere. Annullò l’esecuzione e decise di bandire da corte Triboulet.

Il buffone come figura politica
Dietro il trucco e le risate, il giullare era un personaggio con una funzione precisa: equilibrare il potere con la parola. In un contesto di corti autoritarie, la sua era la sola voce dissidente ammessa. La sua satira non era solo intrattenimento: era controllo sociale, era sfogo politico, era verità travestita da follia.
Il buffone esisteva per dire ciò che gli altri non potevano. Ed è per questo che Triboulet era rispettato e temuto allo stesso tempo.
L’eredità culturale di Triboulet
Il personaggio di Triboulet ha lasciato un’impronta profonda nella cultura europea.
Victor Hugo lo rese protagonista del dramma “Le Roi s’amuse (1832)”, che ispirò Giuseppe Verdi per l’opera Rigoletto.
Anche lì troviamo lo stesso archetipo: il buffone gobbo, intelligente, tragico, che combatte il potere con l’arma della parola.
Da allora, Triboulet è diventato un simbolo del giullare saggio: quello che ride ma non è uno sciocco. Quello che serve il potere ma non si lascia servire.
Perché parlarne oggi?
Viviamo in un’epoca e in mondo dove la libertà di parola è ancora al centro del dibattito. Dove la satira può costare cara, e chi la fa rischia. In questo senso, Triboulet è un’icona più attuale che mai.
In un mondo dove l’ironia è sorvegliata e le opinioni sono spesso edulcorate, la voce fuori dal coro e il coro non è detto che sia al comando, anche se ridicola, è essenziale. Triboulet ci ricorda che, a volte, la risata è l’unico modo per dire la verità.
Ma fate molta attenzione ai giullari, non sono tutti uguali, potrebbero non essere quello che vogliono apparire.
Foto copertina: Triboulet. Illustrazione per l’opera teatrale di Hugo “Il Re si diverte” autore Jean-Adolphe Beaucé (1818–1875)