Di questo libro colpisce innanzitutto la dichiarazione di metodo, indicata nel sottotitolo Epistemologia di un territorio tra tradizione e cambiamento, come ipotesi di chiarezza mentale e procedurale, metodo che è centrato sul fondamento scientifico della ricerca e cioè sull’episteme. È il sistema di studio che consente un approccio fenomenologico all’osservazione dell’ambiente per l’individuazione del rapporto tra il luogo e la sua identità. E, come l’episteme è il perno attorno a cui ruotano le discipline, così al genius afferisce la complessità del locus nella sua articolata modalità di essere. Potremmo persino affermare che è l’oggetto della ricerca a scegliersi il metodo. Ma c’è di più. È un lavoro di ricerca poderoso, incastrato sul territorio a rastrellare tutto il materiale possibile e a comporne la narrazione. Un lavoro colto che svela letture assidue, impegnate, professionali in virtù dei riferimenti e delle citazioni utili al sostegno delle tesi esposte e scrupolose, tra cui, per citarne solo alcuni, gli studi di Bauman, Foucault, Agamben, Morin, Tourain, De Masi, De Martino e, ovviamente, il gancio alla cultura materiale di Braudel, né poteva mancare Giambattista Vico che, proprio in un borgo del Cilento, Vatolla, concepisce l’idea della Scienza Nuova, opera a cui lavorò per tutto l’arco della sua vita. Inoltre l’autore si colloca in buona compagnia con gli studiosi meridionali e in particolare con i Cilentani che, a vario titolo, si sono occupati della terra misteriosa e dolente del Cilento. Un’opera quindi sistematica, pur nella sua complessità, che analizza, tassello per tassello, un mosaico accidentato, ma appassionante, con l’obiettivo di riempire di significazione il termine Cilentanitá.
Nel capitolo introduttivo l’autore confessa anni di ricerche e di lavoro sul campo, ad indirizzo antropologico-sociale, finalizzati alla “ricerca qualitativa”, per “ricostruire la storia, la tradizione e la cultura cilentana e trovarne i tratti e gli elementi distintivi; rilevare le comunità e gli aspetti tradizionali; osservare le comunità e gli aspetti tradizionali; osservare le manifestazioni della vita materiali e le forme comportamentali; considerare le forme rituali e le espressioni devozionali; vivere i momenti e le mitologie festive.” È il percorso attraverso cui l’autore ha potuto respirare l’anima, l’atmosfera, lo spirito, ma anche “i colori, gli odori, i suoni, il linguaggio della popolazione, il silenzio” e che lo ha condotto all’individuazione del Genius Loci del Cilento. La lettura, che tiene e trattiene, ci trasporta in un viaggio attraverso la storia e la cultura di questo popolo, attraverso i miti e le forme rituali, nei problemi e nei comportamenti dalle comunità, quali le espressioni festive e le manifestazioni culturali sparse sul territorio. C’è in questo contesto una finalità che l’autore propone come “digressione”, ma che è innestata in tutto il discorso del libro ed è il concetto di identità che è certamente definizione del modo di essere, ma è anche conoscenza e presa in carico, in quanto consapevolezza, come condizione necessitante in questo momento storico in cui la società affronta il fenomeno dell’omologazione (società liquida di Bauman?)
In questa ottica l’identità è strettamente collegata al locus e al suo genius. Il Luogo è l’opposto del nostro contemporaneo Nonluogo, cioè di quello spazio di attraversamento, frequentato da una società che va perdendo la funzione del limite della condizione identitaria di ciascuno. Ora, se è vero, come è vero, che l’identità non è statica, ma è un processo in continua evoluzione, forse è il caso di preparare i giovani a gestire questo processo. Già ci sono casi di giovani che, ad esempio, “ricercano le forme più antiche dei prodotti del territorio, ma sono ben consci di doverli riproporre in chiave moderna per farli fruire e riconoscere.” Il progetto potrebbe essere appropriarsi della tradizione per filtrala attraverso la modernità. È questa la tesi che l’autore propone per pensare e costruire il futuro, per fare in modo da appassionare i giovani cilentani alla propria terra e per arginare il fenomeno destrutturante dello spopolamento. Una posizione legittimamente visionaria per poter vivere elaborando l’ipotesi di felicità, cara al sociologo De Masi e ad altri secondo i quali l’uomo ha diritto al benessere e alla felicità. Forse il compito degli intellettuali è quello di tracciare le strade. E questo libro ne è un ottimo esempio.