Trent’anni fa nel giorno di S. Giuseppe veniva assassinato il sacerdote cattolico conosciuto da tutti come Don Peppe.
L’assassinio
Il programma di Don Giuseppe Diana, 36 anni, parroco della Chiesa di San Nicola di Bari a Casal di Principe (Caserta), per la giornata del suo Onomastico è chiaro e prevede la S. Messa delle 7.30 e poi caffè con dolce, per amici e conoscenti.
Alle 7.20 del 19 marzo 1994 cambia tutto.
Un uomo con giubbotto nero, capelli lunghi e di circa 40 anni scende dall’auto parcheggiata sul piazzale della chiesa. Infila la pistola nella cintura e si avvia con passo deciso alla sacrestia. È aperta, lo sconosciuto entra e domanda “Chi è don Peppe?”. Don Diana, forse pensando a qualcuno che volesse fargli gli auguri per l’onomastico prima dell’inizio della funzione religiosa, si gira e risponde “Sono io”.
Lo sconosciuto estrae deciso l’arma e spara quattro colpi al volto e al petto. Esce. Fuori lo aspetta un’auto già con il motore acceso e con dei complici. L’assassino sale e fugge.
Per Don Peppe non c’è nulla da fare. Muore nella sua Chiesa prima di celebrare la S. Messa.
La giustizia
Per l’uccisione di don Giuseppe Diana, il 4 marzo 2004, la Corte di Cassazione ha condannato all’ergastolo Mario Santoro e Francesco Piacenti quali coautori dell’omicidio, mentre ha riconosciuto come autore materiale dell’omicidio il boss Giuseppe Quadrano condannandolo a 14 anni, perché collaboratore di Giustizia. Decisiva la testimonianza di Augusto Di Meo il fotografo amico del prete assassinato e presente sul luogo dell’omicidio.
Il Presidente della Repubblica
Il Presidente della Repubblica Sergio Mattarella nel 30° anniversario dell’assassinio di Don Giuseppe Diana lo ha ricordato con parole di cordoglio e fiducia.
Don Giuseppe Diana “un testimone di speranza, educatore alla libertà, punto di riferimento per i giovani e le persone oneste di Casal di Principe. La crudeltà con cui hanno strappato alla vita un uomo giusto, non è riuscita a sottomettere la comunità”.
Don Peppe era un riferimento per i giovani del paese, per il suo impegno civile e amato dal suo popolo.
“Don Giuseppe ai ragazzi insegnava che la via della libertà passa dal non piegare la testa al ricatto mafioso e che è possibile costruire un mondo migliore. Pagò con la vita il coraggio e la coerenza personale e la sua vita è diventata lezione, patrimonio per il Paese».
Papa Francesco
Papa Francesco ha ricordato il tragico evento con una lettera indirizzata a Mons. Angelo Spinillo, Vescovo di Aversa e indicandolo con “coraggioso discepolo del Maestro”.
Davanti alla prepotenza umana e alla barbara violenza, il Santo Padre ha ricordato come già nel 1982 dai Vescovi della Campania si era levata la voce “della denuncia e riproporre con forza il progetto dell’uomo nuovo, creato secondo Dio nella giustizia e nella verità (cfr. Ef 4,24) … e sottolineare la contrapposizione stridente che esiste tra i falsi messaggi della camorra e il messaggio di Gesù Cristo” (Conferenza Episcopale Campana, Per amore del mio popolo non tacerò, 1982).
Allo stesso tempo sentiamo forte l’attualità delle parole che Don Peppe Diana, con i Parroci della zona pastorale di Casal di Principe, pronunciò nel Natale del 1991: “Come battezzati in Cristo, come pastori… Dio ci chiama ad essere profeti. Il Profeta fa da sentinella: vede l’ingiustizia, la denuncia e richiama il progetto originario di Dio (cfr. Ez 3,16-18)” (Forania di Casal di Principe, Per amore del mio popolo, 1991)”.