“Ai ragazzi dico di andare a scuola, basta con la violenza di strada e contro la Polizia. Voglio giustizia, non vendetta”.
Queste le parole di Yehia Elgaml, padre di Ramy, il ragazzo morto in circostanze ancora da chiarire dopo un inseguimento con una pattuglia di carabinieri in zona Corvetto.
Nel cerchiobottismo istituzionale un uomo emotivamente coinvolto si è dimostrato strenuo difensore della ragione, lasciando cadere gocce di buon senso nel marmo duro della contrapposizione sociale.
“Ramy sarà sepolto a casa sua, a Milano”.
Con una politica che discetta da anni di integrazione, un uomo comune, un padre, ci mostra cosa sia l’inclusione, che è ben diversa dall’integrazione, poiché non basta posizionare delle persone in un luogo per edificarne il senso dei luoghi e se stessi.
Banlieue milanesi
E allora risulta nient’affatto peregrina l’ipotesi di ritrovarsi delle vere e proprie banlieue meneghine fra pochissimo tempo, se non insegnerà anche a bambini e adolescenti delle periferie a fare il tifo per “buoni” quando vanno al cinema piuttosto che riconoscere le divise dai giocattoli playmobil, non soltanto dalle camionette posizionate in piazza Gabrio Rosa quando scoppiano incidenti.
Il vuoto che si riempie di rabbia
Perché la Polizia interviene quando i meccanismi di compensazione sociale sono falliti, i canali di rientroduzione sociale latitano e l’accoglienza risulta uno slogan vuoto, un vuoto che si riempie di rabbia.
Una chiave di lettura apartitica
Sciovinismo vs libertarismo, sembra proprio questo il palcoscenico su cui vanno in scena due poli di pensiero che sembrano non incontrarsi mai, fra chi fa finta di non accorgersi che senza immigrazione non c’è futuro e chi, di contro, ambisce ad una società senza regole, gridando al fascista contro chiunque sottolinei che una convivenza pacifica risulta utopica senza il rispetto effettivo delle leggi, poste proprio a garanzia delle libertà fondamentali.
La solitudine delle divise
Una folla inferocita, quella di Corvetto, che sembra abbia placato la propria ira alla notizia dell’indagine sul carabiniere.
E allora un pensiero corre al carabiniere e al suo sliding doors temporale.
Un attimo prima, a sirene spiegate, rincorreva un rapinatore e rappresentava lo Stato, tutti noi, a salvaguardia della legge e della convivenza civile.
Ora si ritrova infinitesimamente più solo, alle prese con avvocati e perizie, parcelle e rimorsi, avvoltoi televisivi e un garantismo tutto italiano che alla vista delle divise si dissolve, e viene da pensare che un criminale sgamato, che sia un ladro, stalker, omicida, stupratore, dopo questo episodio penserà di muoversi sempre in scooter, perché saprà che l’inseguitore avrà paura della parcella dell’avvocato almeno quanto la vista di un coltello; e le “collette” organizzate dai cittadini per aiutare il carabiniere, se da un lato possono far piacere, dall’altro certificano che a sentirsi soli non sono più soltanto le divise (e la crisi vocazionale lo dimostra) ma anche gli stessi cittadini.