Ogni mattina mia moglie appena si sveglia, prima ancora di fare la doccia e qualsiasi altra cosa, collega il suo smartphone ad una piccola ma potente cassa acustica presente nel bagno – forse il regalo che ha più gradito in questi anni – e improvvisamente la casa è invasa dalla musica. Arriva la voce di Aretha Franklin poi quella di Anita Baker, qualche volta mi raggiunge Michael Bublè e poi molta musica classica. Adora Bach, lo trova struggente e inarrivabile, e ha molte simpatie per Mozart e Vivaldi. Quest’ultimo la diverte, la rasserena.

L’altra mattina però è successo un fatto nuovo.
Così, improvvisamente, inaspettato. Il mio dormiveglia è finito in modo veloce perché un elemento mi ha destato con forza. Un suono di violino, penetrante e potente si è affacciato alla mia camera. I passaggi tra alti e bassi si susseguivano rapidi, velocissimi.
Sembrava che le note si scrivessero veloci sullo spartito proprio in quel momento, come se non ce la facessero più a stare nel violino che le stava producendo. Una esplosione incontenibile di suoni, acuti, gravi e poi su e giù a destra e a sinistra come se corressero su una strada tortuosa, ora in discesa ora in salita. Senza mai fermarsi a prendere fiato.
Chi è, chi sarà questo musicista che suona come un diavolo in estasi prima di rubare un’anima a un mal capitato. Chi sarà…Andiamo a vedere.
Ci sono andato vicino.
L’esecutore non lo conosco, certo un virtuoso del violino. Ma l’autore è Niccolò Paganini, di lui si è detto tutto ma soprattutto che avesse fatto un patto con il diavolo.
Scopriamo insieme questo violinista straordinario maledetto da tutti, in particolare da alcuni prelati. Una vita singolare, un talento singolare, un aspetto singolare, un funerale altrettanto singolare.
Paganini esala l’ultimo fiato a 58 anni.
Quando accade è un musicista ricco e acclamato, ormai una leggenda avvolta nel mistero e nella superstizione. In vita è caratterizzato da un aspetto emaciato, un pallore spettrale. Longilineo, sempre vestito di nero. Inforca inquietanti occhialetti tondi con lenti viola. Sembra quasi cercare un’apparenza luciferina. Ci riesce in effetti. Tra la gente si accredita la teoria che il suo straordinario talento violinistico non sia terreno ma frutto di un patto col diavolo. Anche chi lo conosce non può fare a meno di chiedersi se quelle dita dotate di una rapidità sovraumana non siano guidate da una forza oscura ultraterrena.
Si trovano, volendo cercarle, molte leggende su Niccolò Paganini.
Si racconta ad esempio che, dopo aver ucciso un rivale in amore, sia incarcerato e come unica consolazione gli sia concesso di suonare un violino. Lo usa così tanto e con tanta foga sino a perdere tutte le corde, tranne quella del sol.
Questa situazione avrebbe reso il suo padroneggiare questa nota quasi sovrumano. Si racconta anche che avesse ucciso alcuni uomini per utilizzarne le viscere per ricavare le corde per il suo violino e che i suoni che esse producevano non fossero che i lamenti degli straziati.

Un episodio però trova riscontro storico. Risale alla sua infanzia. A soli sei anni, colpito da un violento attacco di morbillo, è creduto morto. Presto si organizza il suo funerale. Il corpicino è avvolto in un sudario funebre. Improvvisamente qualcuno nota un sussulto che scuote il velo. La cerimonia funebre è subito interrotta e il piccolo Niccolò sfugge per un pelo ad essere sepolto vivo. Si pensò a un miracolo, al momento, ma poi negli anni successivi questo episodio contribuì ad alimentare le voci sul suo presunto patto con il diavolo.
Niccolò aveva anche un’altra particolarità. Era affetto dalla sindrome di Marfan, che gli conferiva un’innaturale mobilità delle articolazioni e gli permetteva di compiere movimenti con le dita impossibili per altri violinisti. Ma non basta. Era pure sifilitico e le cure dell’epoca anziché guarirlo aggravarono il suo stato di salute. Magrissimo, con un bacino spigoloso, un naso prominente e una fronte alta, il suo volto appariva scavato, accentuando ulteriormente il suo aspetto spettrale. Anche il suo abbigliamento interamente nero contribuiva a questa immagine sinistra, tanto che venne soprannominato “Il Violinista del Diavolo”.
Poteva un essere così concludere normalmente la sua esistenza? Impossibile. Muore il 27 maggio 1840 a Nizza, in Francia, a causa della tubercolosi che nel frattempo si è aggiunta a tutto il resto. Costretto a letto e ormai incapace di parlare, negli ultimi giorni chiede al figlio Achille di far chiamare un prete per ricevere i sacramenti. Tuttavia, il chierico inviato per la confessione, già impressionato dalle leggende che circolano su Paganini, interpreta il suo silenzio come un rifiuto di pentimento. Non capisce che il violinista semplicemente non è più in grado di articolare una sola parola. Questa malaugurata incomprensione gli costerà cara: la Chiesa si rifiuterà di concedergli una degna sepoltura.
L’arcivescovo Galvani in pieno spirito cristiano lo dichiara “un essere impuro, dominato da uno spirito malvagio”; l’uomo di Chiesa arriva persino a proibire che il suo nome venga citato sulla stampa. Paganini, l’uomo che aveva dato la voce al violino e incantato le folle, è improvvisamente condannato persino nell’aldilà. I suoi resti sono imbalsamati e restano per due lunghi mesi nella stanza dove è morto, quasi fosse un’icona blasfema. Poi, per evitare il clamore, il feretro viene trasferito segretamente nelle cantine di un conte amico del figlio.
Ma la bara inizia a diventare un problema. Non potendo lasciarla lì, il corpo viene spostato a Villefranche-sur-Mer, in Costa Azzurra, dove finisce in un deposito che funge anche da magazzino ittico. Ironia della sorte: l’uomo che aveva dato voce a uno Stradivari ora riposa tra i resti del pescato.
Le proteste dei pescatori portano a un ulteriore trasferimento. Questa volta, il corpo finisce sepolto frettolosamente vicino a un oleificio, un luogo squallido dove la gente scarica i rifiuti. Paganini, il genio maledetto, giace ora tra gli scarti del mondo, vittima di un destino tanto inglorioso quanto inspiegabile. Dopo quattro anni, Achille riesce finalmente a far traslare la salma nell’entroterra genovese, seppellendola in un orto che un tempo era appartenuto alla famiglia Paganini. Successivamente, Paganini trova riposo nel cimitero della Villetta a Parma, dove tutt’ora si trova la sua tomba.
Non ho voluto citare le sue opere, molte e bellissime, ma solo la sua storia di uomo maledetto. Lascio a voi colmare questa lacuna, confido nella vostra curiosità.