Alessandro Martinelli, dopo anni di successo nei club come Alex Mine, torna alle origini con SOLO, in uscita oggi, 7 marzo, per Memory Recordings. Il pianoforte, suo primo amore, diventa voce di una solitudine creativa, trasformata in nove tracce minimal di pura emozione. Nato nel silenzio della pandemia, il disco è un viaggio tra nostalgia e rinascita, dove ogni nota racconta il conflitto tra passato e futuro. SOLO è un atto di coraggio, il ritorno a una musica essenziale e autentica, un rifugio d’anima in cui il suono diventa respiro e la solitudine, nuova libertà.

NDP ha avuto il piacere di intervistarlo:
Alessandro, il titolo del tuo nuovo album è “SOLO”. È una dichiarazione d’intenti, una condizione interiore o entrambe le cose?
“SOLO” è sia una dichiarazione d’intenti che una condizione interiore. È il viaggio di un’anima che si confronta con la propria solitudine, trasformandola da isolamento in un’opportunità di rinascita. È la sfida di guardarsi dentro, accettando che essere soli non significa essere vuoti, ma piuttosto pronti a scoprire ciò che veramente conta.
Dalla techno ai club di tutto il mondo al pianoforte e alla musica neoclassica: il tuo percorso sembra un viaggio alla ricerca di qualcosa di essenziale. Cosa hai trovato lungo la strada?
Lungo questo percorso ho incontrato la mia dualità. La musica dei club mi ha fatto vivere l’energia travolgente e la spontaneità, mentre il pianoforte mi ha insegnato il valore della riflessione e della profondità. Questi due mondi, così apparentemente opposti, si intrecciano nel mio percorso, rivelando che l’essenza della mia musica nasce proprio dall’equilibrio tra il caos e il silenzio.
Il pianoforte è stato il tuo primo amore, poi la vita ti ha portato altrove per un po’. Quando hai capito che era il momento di tornare a lui?
Ho sempre amato la techno e il suo mondo pulsante, ma col tempo ho capito che non riuscivo ad andare in profondità con quei suoni. Il pianoforte mi ha richiamato perché mi permette di entrare in contatto con la mia interiorità: è lì che trovo la possibilità di ascoltare me stesso, di scoprire emozioni nascoste e di andare oltre la superficie.
SOLO è un album profondamente intimo, dove ogni nota sembra raccontare una parte di te. C’è un brano che senti più vicino al tuo cuore?
“One Day” è il brano che mi tocca di più. È il singolo dell’album, quello più sofferto, nato in una notte di intensa introspezione solitaria. Ogni nota porta il peso di un momento di vulnerabilità, trasformato in una luce fragile che cerca di emergere dall’oscurità.
Le tue composizioni hanno un forte senso narrativo. Quando componi, immagini una storia o lasci che la musica racconti da sé?
I miei brani nascono da momenti particolari della mia vita. I titoli, che possono sembrare scelti a caso, sono in realtà il filo narrativo di esperienze vissute intensamente. Quando mi siedo al piano, mi lascio guidare dai ricordi e dalle emozioni, e la musica diventa il linguaggio attraverso cui raccontare il mio percorso.
Hai sempre avuto un’anima compositiva, fin da ragazzino. Quanto di quel giovane musicista ribelle ritrovi oggi nel tuo modo di scrivere?
La mia vena compositiva è sempre stata una costante. Da ragazzino scrivevo canzoni con la mia band e poi mi sono immerso nel mondo della musica elettronica. Oggi, mentre torno a sedermi al pianoforte, ritrovo quel giovane ribelle in me – solo che ora la mia consapevolezza è maturata, e ogni nota porta con sé l’eco di un passato ribelle trasformato in una ricerca autentica.
Il tema della solitudine è centrale nel tuo album. È stata una compagna fedele o un’ombra da cui fuggire?
La solitudine è stata entrambe le cose: una compagna fedele e un’ombra dalla quale a volte ho cercato rifugio. Con “SOLO” ho imparato a trasformare quella dualità in una fonte di ispirazione, riconoscendo che in ogni istante solitario si nasconde la possibilità di crescere e di rinascere.

Hai vissuto la musica nei club, tra il calore della folla, e ora componi in uno spazio più raccolto e intimo. Come cambia il rapporto con il pubblico in questi due mondi?
Nei club, la musica è un’esperienza collettiva: il ritmo e l’energia della folla amplificano ogni nota, creando un’onda emotiva condivisa. Quando invece scrivo musica al piano, mi dirigo verso spazi intimi, il rapporto con il pubblico diventa un dialogo silenzioso, quasi confidenziale. In entrambi i casi, però, cerco di trasmettere la mia verità, sia che si tratti di un’esplosione emotiva condivisa o di un invito a un viaggio interiore.
Nella tua musica la ripetizione non è prigionia, ma una via per l’evoluzione. Vale anche nella vita?
Assolutamente. La ripetizione, nelle mie composizioni, è un mezzo per approfondire e trasformare le emozioni. Allo stesso modo, nella vita, gli schemi che sembrano ripetersi possono diventare opportunità per evolvere. Non si tratta di una prigione, ma di un invito a rivedere ogni dettaglio, a scoprire nuove prospettive e a crescere attraverso ciò che quotidianamente si ripete.
Con SOLO ti sei aperto completamente al pianoforte e al racconto di te stesso. Dove ti immagini nei prossimi anni?
Nei prossimi anni vorrei mantenere vivi entrambi i miei lati: quello che pulsa nei club con il nuovo progetto techno GRAY COSMO e quello intimo con il pianoforte con l’obiettivo di alternare entrambi i progetti con eventi live per continuare a dare un senso alla mia dualità in tutte le sue sfumature e per continuare a esplorare i miei percorsi artistico con autenticità.
Dopo due album profondamente personali, pensi che ci sia ancora qualcosa di te che non hai ancora raccontato attraverso la musica?
La musica è un viaggio infinito e, finché vivrò, ci saranno sempre nuove sfumature di me da scoprire e condividere. Non smetterò mai di raccontarmi attraverso le note, perché ogni esperienza, ogni emozione, merita di essere trasformata in musica.
Se dovessi suonare un solo brano per chi non ti ha mai ascoltato, quale sceglieresti e perché?
Scelgo “Paris”. È un pezzo che racchiude un viaggio interiore, fatto di luce e ombre, in cui ogni nota racconta una storia di scoperta e di riconoscimento. “Paris” è come un invito a perdersi in un labirinto di ricordi e prospettive, un assaggio sincero di ciò che la mia musica ha da offrire.
