L’attività umana ha influenzato l’oceano per secoli, direttamente attraverso la pesca e la caccia, e indirettamente attraverso la modifica dell’habitat e il cambiamento climatico.
Questi effetti, insieme a quelli a danno della terraferma, hanno annunciato una nuova epoca geologica, caratterizzata da rapide transizioni ambientali guidate dall’umanità. La terraferma ha visto un aumento delle estinzioni e gli ecologisti hanno definito questo periodo, l’Era della sesta estinzione di massa.
Negli oceani, il rischio di estinzione è aumentato di recente nell’ultimo secolo con la crescita della popolazione umana e l’intensificazione associata della pesca industriale e dell’efficienza tecnologica e il rapido sviluppo delle coste. In particolare, la pesca eccessiva spinge oltre un terzo di tutti gli squali e le razze verso una crisi di estinzione globale.
Più di un terzo delle specie di questi pesci è minacciato dalla pesca eccessiva, una minaccia sproporzionata che nei tropici rischia di diventare pericolosa con la perdita delle funzioni e dei servizi dell’ecosistema: tre specie che non si vedono da più di 80 anni sono in pericolo critico.
L’esaurimento di queste specie è stato determinato dalla continua domanda di cibo umano. Le specie minacciate sono tutte distribuite nell’Oceano Indiano settentrionale e sono utilizzate per la maggior parte per il consumo alimentare da parte dell’uomo.
Le misure di contenimento della crisi adottate fino a ora si sono rivelate insufficienti, la sfida urgente per fermare la curva di perdita di biodiversità marina è da individuare nella ricerca di nuovi approcci di gestione che trasformino i mercati e forniscano opzioni di sostentamento alternative che tengano conto delle esigenze delle comunità di pescatori specie quelli dei paesi in via di sviluppo delle zone tropicali, dove la pesca su piccola scala e di sussistenza è comune. Un’azione immediata è essenziale per prevenire nuove “perdite” e proteggere il potenziale dell’ecosistema fornito da questo iconico lignaggio di predatori.