Stamane ho avuto il privilegio di vivere un momento destinato a restare impresso nella memoria e, forse, nella storia: il primo incontro tra Papa Leone XIV e gli operatori della stampa, nella cornice colma di attesa e speranza della Sala Nervi. Abbiamo vissuto un momento di enorme emozione, carico di significato. Le parole del Santo Padre svelano la sua statura umana, culturale e spirituale.
“Viviamo tempi difficili da percorrere e da raccontare”, ha detto il Santo Padre. Eppure, nonostante la difficoltà, o forse proprio a causa di essa, ci è chiesto di non sottrarci. Di non fuggire. In un tempo che tende al rumore e alla superficialità, Papa Leone XIV ci ha chiamati a resistere alla mediocrità. Ci ha ricordato che ciascuno di noi, nei diversi ruoli che ricopre ha una responsabilità precisa, un compito, una sfida da accogliere. Non siamo spettatori del nostro tempo, ma co-autori.
La Chiesa, ha detto, deve accettare la sfida del tempo. Ma questa sfida è anche nostra, e in particolare è dei comunicatori, dei giornalisti, di chi ha tra le mani la delicata arte di raccontare la realtà. Non si può raccontare il mondo se si è fuori dalla storia. Non si può essere credibili se si vive in un altrove fittizio, privo di radici. È un appello forte alla responsabilità, ma anche alla verità, alla coerenza, alla fedeltà al tempo che ci è dato in sorte.
Citando Sant’Agostino — “Viviamo bene e i tempi saranno buoni. Noi siamo i tempi” — il Papa ci ha ricordato che il tempo non è un’entità astratta, ma siamo noi. È la somma delle nostre azioni, delle nostre scelte, dei nostri silenzi e delle nostre parole. Vivere bene significa contribuire a costruire tempi migliori. È una chiamata alla speranza attiva, non a quella sterile.
In quella sala gremita, si percepiva una tensione nuova. La figura di Papa Leone XIV, agli albori del suo pontificato, imprime già un segno profondo nella cultura, traspare dalla sua persona, nell’empatia che trasmette.
“Disarmiamo la comunicazione da ogni pregiudizio, rancore, fanatismo e odio; purifichiamola dall’aggressività.” È un’esortazione che risuona con particolare forza in un’epoca in cui la comunicazione è spesso strumento di divisione più che di dialogo. È un appello a tutti noi — giornalisti, editori, lettori — a fare della parola un luogo di incontro, e non di scontro. Il dialogo di cui il Papa ha parlato sin dal primo momento in cui si è affacciato su piazza San Pietro, ponendoci di fronte a una responsabilità collettiva: quella di essere, ognuno nel proprio ambito, operatori di pace, di verità, di giustizia. Siamo chiamati non solo a raccontare il mondo, ma anche a trasformarlo. A testimoniarlo. A viverlo con coerenza e dignità.
Torniamo a casa oggi arricchiti, non solo nella fede, ma anche nella consapevolezza di avere un punto di riferimento forte, umano. Che ci dà fiducia verso il futuro durante un tempo pieno di criticità. Papa Leone XIV ha acceso una luce: ora sta a noi mantenerla viva, proteggerla e lasciarla illuminare anche le zone più buie del nostro tempo. Perché, davvero, noi siamo i tempi.