Una storia tutta torinese e intrigante com’è la città più magica d’Italia
Grazie Roberto per avermi raccontato una storia interessante. Vi spiego. Roberto è un mio (caro) collega torinese che per amore si è trasferito a Napoli.
È rimasto però sabaudo nell’animo, anche se non lo confessa perché Maradona incombe e rischia una sfogliatella avvelenata. Sabaudi e Borboni, si sa, non sono mai andati troppo d’accordo…
Roberto, nei fatti è un mediatore culturale. Da persona intelligente e garbata quale è ha saputo prendere il meglio dalle due culture, forti entrambe ma una schiva e l’altra invadente.
Così ogni tanto mi intrattiene con storie dell’una e dell’altra parte. Forse con qualche propensione per Torino, ma non ditelo forte altrimenti passa guai in famiglia.
L’altro giorno al bar mentre stavamo prendendo un caffè, e dei tramezzini occhieggiavano al banco, mi dice: “ma tu la conosci la storia del pancarrè?”
Al mio diniego inizia a raccontare questa storia; decidete voi quale aggettivo si merita.
Forse tu, come molti altri, sei convinto che il pancarrè venga dall’estero, magari dagli U.S.A. Niente di più sbagliato, viene da Torino.
Possibile penso tra me e me, sarà il solito egocentrismo torinese.
Roberto invece continua…E i tramezzini sono nati al Caffè Mulassano di Torino.
Quanto al pancarrè, mi dice che tutto comincia con l’ultimo boia di Torino, tale Piero Pantoni, che abitava in via Bonelli al 2
Pensa che a metà ‘800 Pantoni guadagnava circa 2000 lire all’anno, il triplo di un maestro e il doppio di un professore universitario. In più aveva anche delle indennità, alcune troppo macabre per parlarne al bar.
Ora arrivo il cuore della storia che ci interessa. Il boia, per dirla bene esecutore di giustizia, non era molto amato e viene facile capirlo. La gente però che lo schiva, lo dileggia e lo insulta è la stessa che si gode lo spettacolo dell’esecuzione; è la stessa che conta i giri su sé stesso dell’impiccato per giocarli al lotto.
Tra le innumerevoli sgarberie che il popolo riservava al boia, ed erano davvero tante, quella che ci interessa ora è quella che facevano i panettieri. Per annotare il loro disprezzo verso il boia servivano, a lui e a sua moglie, il pane al contrario (capite perché ora non si fa mai…). Pantoni non lo sopportava proprio e dopo un po’ sotterrò di lamentele gli amministratori della città, minacciando anche le dimissioni. Questi di rimando emisero un’ordinanza che vietava formalmente questo “sgarbo”.
Ma si sa. Fatta la legge fatto l’inganno! I geniali panettieri fecero allora un pane quadrato, uguale a sé stesso sopra e sotto, così che il boia non potesse lamentarsi e loro continuare a disprezzarlo. Ecco il famoso pancarrè (detto anche pane del boia) è nato così, da uno sgarbo.
Insomma, la solita storia che mi diceva mia mamma. Gratta gratta anche dal male qualcosa di buono nasce sempre.