Nel calcio, siamo spesso abituati a parlare o scrivere di calciatori che nella loro carriera hanno reso glorioso il numero che portavano sulla schiena; però sono sempre i soliti ad essere menzionati, ovvero il numero 10, che simboleggia il numero del fantasista, colui che si occupa della creazione del gioco e viene assegnato ai giocatori con talento smisurato. Inoltre, sentiamo parlare del numero 9 che viene indossato dai bomber, dai goleador, coloro che hanno il compito di fare goal.
Sentiamo parlare del numero 5, il difensore centrale per eccellenza, colui che ha il compito di difendere la propria porta e, per fare una metafora, colui che deve difendere i propri compagni dalle incursioni dei nemici.
Ma oggi vi racconteremo un’altra storia. Parleremo del giocatore per eccellenza, parleremo di un altro numero: il numero 14.
Sono sicuro che i lettori nati negli anni ’60/’70 conoscano già questo racconto ma crediamo sia giusto far conoscere ai più piccini appassionati di questo sport chi è stato Johan Cruijff per il calcio e il suo legame alla maglia numero 14.
Il legame che Cruijff aveva con questo numero è nato casualmente, un po’ come succede con le migliori invenzioni.
Era l’ottobre del 1970, Johan Cruijff era già un giocatore affermato dell’Ajax, la squadra più forte dei paesi bassi. Prima della partita contro il PSV Eindhoven, campionato olandese, un suo compagno di squadra non trova più la maglia di sua appartenenza, Cruijff ha la maglia numero 9 e si offre così di prestargli la sua e va a prenderne un’altra nella cesta della biancheria. La prima che gli capita tra le mani è proprio la 14. L’Ajax vince quella partita per 1-0 e Cruijff, forse per gioco o semplice scaramanzia, propone al suo compagno di mantenere gli stessi numeri anche per la partita di campionato successiva. L’impronta di un mito è nata così, per caso, e il resto è storia.
Johan Cruijff: il profeta del calcio totale che ha fatto grande l’Ajax e l’Olanda
Esordì in prima squadra a soli 17 anni, sotto la guida tecnica di mister Buckingham, allenatore di origine inglese. Già lì si iniziano a vedere i primi bagliori di talento, ma il vero Cruijff, il Johan completo si vedrà dopo un anno, quando sulla panchina dell’Ajax arriverà un allenatore con un nome difficilissimo, Marinus Jacobus Hendricus Michels, chiamato da tutti Rinus.
Con il passare del tempo si scoprirà che quest’ultimo è stato un vero e proprio guru del calcio e, come i migliori maestri, aveva bisogno di un profeta per far passare il suo messaggio e lui scelse proprio l’olandese Cruijff, vedendo in lui qualcosa di speciale.
Loro hanno rivoluzionato il calcio, facendo passare l’espressione di “calcio totale”, dove tutti dovevano essere flessibili e saper giocare in tutti i ruoli e in qualsiasi posizione del campo. Tutti dovevano avere velocità di pensiero e tutti dovevano andare alla ricerca dello spazio. Questo è il calcio totale, questo è stato il fenomeno che ha rivoluzionato il calcio del dopoguerra, ed erano solo loro a praticarlo, solo l’Ajax e la Nazionale olandese. Questo è stato il segreto che ha portato l’Ajax per tre volte consecutive sul tetto d’Europa e l’Olanda quasi a sfiorare l’impresa mondiale nel 1974, permettendo poi a Cruijff di conquistare qualche premio individuale, come la conquista del pallone d’oro per ben tre volte.
Io non ho mai visto giocare Johan Cruijff ma chi lo ha fatto ne parla con un entusiasmo smisurato. Parlano di aver visto giocare un ragazzo esile, mingherlino, con un’eleganza straordinaria, con una visione di gioco da extraterrestre e con un’intelligenza alla Einstein. Un giocatore completo, un vero innovatore, un giocatore inimitabile, un uomo che ha lasciato al calcio un vuoto incolmabile ma anche un’eredità importante.
Il 24 marzo lo ricorderemo ancora di più perché ricade l’anniversario della sua scomparsa. Si è spento nel 2016 all’età di 69 anni a Barcellona, dove ha vestito prima la maglia blaugrana da calciatore e poi da allenatore.