Il 12 settembre 1981 si spegneva a Milano Eugenio Montale, uno dei più grandi poeti del Novecento italiano e premio Nobel per la letteratura nel 1975. Nato a Genova nel 1896, Montale attraversò il secolo con le sue liriche profonde e malinconiche, diventando un punto di riferimento imprescindibile per la poesia italiana e internazionale. La sua poesia esplora il mistero dell’esistenza, la memoria, e la ricerca di significato in un mondo frammentato e spesso incomprensibile.
La dedica in versi
Tra le sue opere più celebri, una poesia che tocca il cuore è “Ho sceso, dandoti il braccio, almeno un milione di scale”, dedicata alla moglie Drusilla Tanzi, la sua “Mosca”. In questi versi, Montale racconta il vuoto lasciato dalla perdita dell’amata, un’assenza che lo fa sentire come se non avesse mai veramente vissuto o “scoperto” il mondo senza di lei. Un passo indimenticabile recita:
“Ho sceso, dandoti il braccio, almeno un milione di scale,
e ora che non ci sei è il vuoto ad ogni gradino.”
Questi versi, semplici e profondi, trasmettono tutta la forza dell’amore e del dolore per una perdita irrimediabile, e continuano a commuovere generazioni di lettori.
La poetica di Montale
La scomparsa di Montale segnò la fine di un’epoca, ma le sue opere restano vive e influenti, continuando a dialogare con il presente. Con il suo linguaggio essenziale, Montale è riuscito a esprimere l’ineffabile, a dar voce a quelle “occasioni” irripetibili della vita, che spesso restano sospese tra il reale e l’illusorio.