Come abbiamo avuto modo di evidenziare, non sarà una campagna elettorale bella e utile. Ci attendono cinquanta giorni in cui ciascun partito dirà a gran voce la sua, nel modo più demagogico e ideologico possibile, più per conquistare visibilità e consensi che per proporre soluzioni concrete ai problemi del paese. E lo farà disinteressandosi della praticabilità sociale e sostenibilità economica di ciò che propone, così come della compatibilità con le proposte dei propri alleati rispetto a una coerente e condivisa ipotesi di governo. Breve, ovvero poco meno di due mesi, è il periodo che ci separa dal voto; sbagliata è la stagione, calda e solitamente destinata allo svago; impreparati sono i partiti, che non si aspettavano il Quirinale accorciasse così drasticamente la convocazione dei comizi elettorali. Anche se quest’ultimo dato propende solo a favore dell’assoluta mancanza di senso della realtà dei partiti di casa nostra, che con nel pieno di una guerra dagli sviluppi ancora incerti e con una serie di scadenze ravvicinate da rispettare per continuare ad accedere ai fondi del PNRR, pensavano pure di andare in vacanza.
In queste condizioni, il tempo necessario per permettere alle coalizioni in campo di costruire un serio programma di legislatura non c’è. Sarà già tanto se i partiti in lizza, di centro-destra e centro-sinistra, sempre che non si aggiunga pure un terzo polo di centro, riusciranno a mettere insieme qualche parola d’ordine in accordo con i rispettivi alleati. Il resto lo stabilirà il responso delle urne, con il cinismo e la disillusione che sono ormai soliti contraddistinguere l’atteggiamento degli elettori, larga parte dei quali ancora oggi più propensi a disertare le urne. Peraltro, una parte consistente del tempo che ci separa dal voto verrà speso soprattutto a costruire le alleanze necessarie a definire le candidature nei collegi uninominali, quelli che in ultima battuta risulteranno decisivi nello stabilire le sorti delle elezioni.
Lo schieramento di centro-destra, proprio grazie al gioco dei collegi uninominali, dovrebbe avere in ogni caso più numeri del centro-sinistra. Anche se non si tratterà di un voto plebiscitario e nei rapporti di forza che si determinano alla chiusura dei seggi sarà importante guardare agli eventuali orientamenti selettivi all’astensione che si saranno manifestati in cabina elettorale. Per il resto, la maggiore propensione del centro-destra a trovare comunque un’intesa in vista della formazione di un governo dovrebbe in ogni caso assicurare un esecutivo relativamente stabile. Quanto meno per qualche anno, ovvero il tempo necessario a fare esplodere le contraddizioni esistenti fra l’europeismo dei moderati e l’euroscetticismo dei sovranisti. Per questo motivo, non vi è da farsi illusioni circa il fatto che la relativa stabilità dell’esecutivo possa tradursi in una sua concreta ed efficace azione di riforma. Molto dipenderà dall’attitudine alla leadership del futuro Presidente del consiglio. E dal prestigio che essa sarà in grado di riscuotere nel contesto internazionale, risultato non facile da conseguire vista l’autorevolezza di cui poteva indiscutibilmente disporre il suo predecessore. Stando ai sondaggi, i partiti che hanno maggiori probabilità di vincere le elezioni, che fanno capo alla coalizione di centro-destra, sono fra quelli che hanno mandato a casa senza farsi troppi problemi il governo Draghi: Fratelli d’Italia, Lega e Forza Italia. Dovremo perciò legittimamente aspettarci che essi riusciranno a esprimere un esecutivo in grado di non farcelo rimpiangere. Ovvero, che saranno capaci di risparmiare a Mattarella l’investitura di un esecutivo “tecnico”, “del Presidente” o “di emergenza”, così come di evitare l’insediamento di un governo formato da politici privi di esperienza, o peggio ancora, da presuntuosi “scappati di casa”. Altrimenti si sarà trattato semplicemente di un “sogno di una notte di mezza estate”! Mentre la dura realtà dell’autunno sarà lì impietosa ad aspettarci.
Post Scriptum: facciamo un semplice “gioco della verità”. Una volta definite le candidature di schieramento nei collegi uninominali, le coalizioni in campo saranno in grado di dirci con serietà e coerenza cosa intendono fare: a) in politica estera, per dare il loro contributo alla soluzione del conflitto in Ucraina; b) sul PNRR, per dare continuità a missioni e componenti, oltre che per continuare a portare a casa i fondi previsti dal Piano (disegno di legge concorrenza e riforma della giustizia sono soltanto due esempi di provvedimenti che dovranno essere approvati per consentire la continuità nell’afflusso dei finanziamenti europei); c) per contrastare il caro vita, a cominciare da energia e benzina, e per attenuare la perdita di potere di acquisto delle retribuzioni, soprattutto dei ceti più fragili ed esposti alle conseguenze negative dell’inflazione. Un segnale chiaro dei partiti e delle coalizioni su questi temi sarebbe quanto meno doveroso.