A chi non piacerebbe ricevere la famosa telefonata che annuncia la dipartita di un ricchissimo e sconosciuto “zio d’America” del quale potrebbe diventare erede? Al di là dell’entusiasmante immaginario collettivo, tuttavia, vi è una realtà a volte molto diversa. Non di rado accade, infatti, di ricevere la notizia della dipartita di un parente il cui patrimonio sia tutt’altro che florido, in quanto costituito, per la pressoché totalità, da debiti di varia natura ed ammontare, a volte addirittura superiore rispetto all’”attivo”. Diventare erede, in questo caso, vorrà dire ereditare i debiti del “de cuius” (espressione che deriva dal latino “is de cuius hereditate agitur”: colui della cui eredità si tratta) e risponderne con il proprio patrimonio. E allora, come è opportuno comportarsi? Occorre preliminarmente chiarire che la qualità di erede non si acquista in automatico alla morte di un parente, ma presuppone una accettazione, espressa o tacita, da parte del “chiamato” all’eredità.
In particolare, l’accettazione tacita interviene allorché il chiamato all’eredità compia una serie di comportamenti che, per il diritto, implichino la volontà di accettare l’eredità e che lo stesso non avrebbe il diritto di compiere se non nella qualità di erede. Un esempio? Il pagamento di un debito del de cuius con denaro di questi! Tanto chiarito, nel caso in cui si sia chiamati ad ereditare un patrimonio con le caratteristiche sopra evidenziate, è sicuramente consigliabile (i) evitare di porre in essere comportamenti che possano implicare una accettazione tacita dell’eredità e, inoltre (ii) rinunciare all’eredità.La rinuncia all’eredità consiste nella dichiarazione di non accettare l’eredità e, dunque, di non voler subentrare nella posizione giuridica del defunto. Tale dichiarazione può essere resa dinanzi al Tribunale, oppure dinanzi al Notaio, con costi, ma anche tempistiche di evasione, differenti. Il termine per procedere alla rinuncia in parola è solitamente indicato in dieci anni, decorrenti dall’apertura della successione (che coincide con la morte del de cuius). E’ pur vero, tuttavia, che al diritto le generalizzazioni non piacciono e, pertanto, è più corretto affermare che le tempistiche sono differenti a seconda delle fattispecie concrete.
Occorre, inoltre, considerare che, nel momento in cui un chiamato all’eredità rinunci, si creerà un “effetto domino” in quanto, al suo posto, subentreranno i chiamati prossimi per legge, i quali, a loro volta, dovranno rinunciare e così via. Si evidenzia, da ultimo, che anche i soggetti minorenni chiamati all’eredità dovranno rinunciare, mediante una procedura particolare che è imposta proprio dalla loro minore età e che contempla il necessario intervento del Giudice Tutelare.