Dall’Australia molti commenti riguardano il fatto per cui gli All Blacks, i nostri cugini geografico-rugbistici abbiano perso loro la coppa dal mondo, più che siano stati i sudafricani a vincerla. Quando hai giocato a rugby e hai magari stra-giocato allo sport della palla ovale, a qualsiasi livello non importa, impari come sia importante difendere. Resistere e non permettere agli avversari di pensare. Asfissiare.
Se in una finale mondiale sotto la pioggia, in attacco dopo 14 minuti e sotto di 6 punti hai una punizione in attacco e non provi a calciare in mezzo ai pali, sei un amante del rischio non calcolato. E se poi non segni pesante devi iniziare a riflettere. Significa che hai iniziato la partita arrogante, ritenendoti forte giocando superbo in touche.
Se poi sbagli anche due calci piazzati, hai perso altri 6 punti. Calci piazzati non impossibili e che in allenamento metti dentro 9 volte su 10. Se quando piove provi a giocare veloce, palla alla mano e al largo praticamente sempre, nonostante nel tuo paese sei allenato e addestrato a giocare sotto la pioggia, allora l’errore è dietro l’angolo.
Ai campionati del mondo di rugby del 2023 in Francia hanno vinto in particolare due fattori: la pressante difesa e il gioco chiuso.
Scegliere di difendere ossessivo e aggressivo per soffocare gli avversari che attaccano in velocità è una scelta ponderata. Al contempo è un azzardo, un rischio calcolato di commettere errori sul placcaggio e di vedere l’uomo andare via. Ma se hai giocatori adatti, preparati e molto motivati, l’attacco spesso paga pegno.
Se hai fiducia nei tuoi compagni, li hai visti allenarsi e conosci le loro motivazioni a difendere il territorio, allora non serve spostarsi sempre in recupero integrativo e andare in tre sull’attaccante avversario temendo che palla in mano passi la linea di confine.
Poi ci sta tutto il resto.
Ci sono i commenti sull’arbitraggio, i cartellini gialli e rosso, il gioco interrotto, i placcaggi alti, le mete non mete ed ogni quant’altro, va bene.
Ma il rugby è applicazione pratica di un metodo di lavoro e imposizione personale di una ferrea struttura mentale.
I sudafricani hanno applicato un piano di gioco al meglio, con sacrificio, abnegazione e sprezzo del pericolo e del proprio corpo. Hanno fatto bene quello che avevano deciso e pianificato prima. Lo avevano già dimostrato sul campo nelle precedenti partite. Era prevedibile lo applicassero anche nella partita più importante del mondo.
Arroganza e presunzione di essere i depositari della verità assoluta, spesso non permette di vedere ciò che è davanti agli occhi. Nel rugby e nella vita.
Il resto sono chiacchere.
Noi tifavamo per i Tutti Neri, gli All Blacks sono nostri cugini e sono i più forti palla in mano. Ma fra quattro anni in Australia cercheremo di non ripetere gli stessi errori e giocheremo per noi stessi, alla morte.
Foto copertina: South Africa celebrates the World Cup
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