Difendere il congiuntivo: l’importanza del dubbio in un mondo di certezze
Il congiuntivo sta scomparendo dal linguaggio pubblico. Ma perdere il dubbio è anche perdere libertà di pensiero. Ecco perché va difeso.
Il congiuntivo: un tempo verbale in pericolo
Tra le molte lingue parlate nel mondo, l’italiano è fortunatamente una delle poche che ancora preserva il congiuntivo. Ma per quanto ancora?
Avete notato che il congiuntivo sta scomparendo dal linguaggio pubblico? I media, i giornali, persino la politica lo usano sempre meno. Non è solo una questione grammaticale: è culturale. Riguarda il nostro modo di pensare, comunicare, relazionarci con la complessità.
Il congiuntivo, con la sua capacità di esprimere dubbio, possibilità, incertezza, sembra ormai scomodo. In un’epoca in cui tutto deve essere chiaro, diretto e assertivo, il congiuntivo disturba. Rallenta. Fa pensare. Ed è proprio questo il punto.
Il valore culturale del dubbio
Un ponte tra realtà e possibilità
Il congiuntivo è il tempo verbale del dubbio. Non afferma: suggerisce. Non impone: ipotizza. È lo strumento che il linguaggio ci offre per riconoscere che la realtà è complessa, che può essere, ma anche no.
In latino lo chiamavano modus coniunctivus: un modo che connette ciò che è con ciò che potrebbe essere. Un ponte tra realtà e possibilità. Ma oggi questo spazio mentale ha sempre meno valore.
Viviamo in un tempo che richiede risposte rapide, formule semplici, posizioni nette. Il linguaggio deve essere chiaro, diretto, inequivocabile. In questo contesto, il congiuntivo appare come un inciampo. E quel piccolo inciampo viene percepito come debolezza.
Indicativo contro congiuntivo: due modi di guardare il mondo
Il congiuntivo come segnale di pensiero critico
Prendiamo una frase semplice: “Non so se questa sia la decisione giusta.” Qui il congiuntivo non è una complicazione, è una dichiarazione di onestà intellettuale. È il linguaggio di chi riflette, si interroga, ammette il limite.
Ma basta passare all’indicativo – “Questa è la decisione giusta” – per entrare in un altro mondo: quello della certezza esibita. E oggi, nel mercato della comunicazione, la certezza vale più del dubbio.
Una società allergica all’incertezza
L’indicativo domina perché si adatta perfettamente a una società che non si fa più domande. Il dubbio, che un tempo era stimolo alla conoscenza, è diventato un fastidio da nascondere.
E i social media ne sono lo specchio: vincono le opinioni espresse con sicurezza, meglio ancora se urlate. Pochi ritengono, molti sanno. Pochi si chiedono, molti confermano.
In questo scenario, il congiuntivo – con la sua natura ipotetica, sfumata – trova sempre meno spazio.
Normalmente gli imbecilli non hanno dubbi, così come i vigliacchi tentennano sempre e mascherano la loro indecisione con una presunta terzietà. Stanno solo aspettando di schierarsi con chi vince. Evitateli sempre.
Il dubbio non è un errore: è pensiero
Il problema non è grammaticale. È culturale.
Luciano De Crescenzo – ingegnere, filosofo, narratore dell’anima napoletana – lo diceva chiaramente: “Quando uno comincia ad avere certezze assolute, allora comincio ad avere paura.”
Le certezze assolute non sono solo rassicuranti, sono anche pericolose. Fertili per arroganza, intolleranza, perfino violenza. La storia lo dimostra.
Il Novecento totalitario si è nutrito proprio di questo: verità imposte, pensiero unico, dogmi irremovibili. Hannah Arendt lo aveva intuito nella sua “banalità del male”: il vero pericolo nasce dall’incapacità di pensare, dall’adesione passiva a idee prefabbricate.
Per pensare davvero serve una cosa semplice ma preziosa: la capacità di ipotizzare. Di dire forse. Di ammettere che il mondo potrebbe essere diverso da come ce lo raccontano.
Usare il congiuntivo oggi: un gesto di resistenza
Una forma di umiltà e intelligenza
Oggi usare il congiuntivo è un gesto controcorrente. Significa rifiutare la semplificazione, scegliere la complessità, accettare il dubbio. È una forma di umiltà – linguistica, ma soprattutto intellettuale.
Non a caso, il congiuntivo è amato da chi scrive, da chi pensa, da chi riflette. Umberto Eco lo maneggiava con rigore. Calvino lo usava con eleganza per creare ambiguità volute. Dante lo affidava all’anima nei momenti di incertezza.
Il congiuntivo non dichiara, esplora. Non ordina, immagina. In un mondo che idolatra la semplificazione, è già una forma di resistenza.
Non è nostalgia. È lucidità.
Difendere il congiuntivo non è un vezzo da puristi o da nostalgici. Non è amore per la tradizione. È consapevolezza.
Quando un tempo verbale come il congiuntivo sparisce, perdiamo qualcosa di più di una struttura grammaticale: perdiamo una forma di pensiero.
Perdiamo la possibilità di dire forse, chissà, magari. Perdiamo il diritto di non sapere. E in una società che fa della semplificazione una regola e dell’arroganza una bandiera, è una perdita grave.
Conclusione: forse è proprio il dubbio a salvarci
Rivalutare il congiuntivo non è un esercizio accademico. È un atto culturale. Politico. Civile.
Significa riportare in circolo il dubbio, il pensiero critico, la libertà di non avere tutte le risposte. Significa restituire valore alla complessità, alla riflessione, all’immaginazione.
E allora sì, forse – forse – è proprio il dubbio a salvarci.
Foto di copertina: Il Pensatore ne “Le porte dell’inferno” Museo Rodin Parigi. Foto di Jean-Pierre Dalbèra.