Abbiamo seguito Pierfrancesco Maran, assessore alla casa e piano quartieri per la città di Milano, in un bell’incontro per presentare il suo nuovo libro “Le città visibili” (per Solferino) nella suggestiva cornice di piazza della Vittoria a Pavia. La serata è stata organizzata dall’associazione Il Sellino Spiritato, molto attiva in città sui temi della mobilità sostenibile. Maran ha dialogato con Davide Lazzari, ex assessore alla mobilità del comune di Pavia e che attualmente si occupa di micromobilità, bike sharing e urban mobility. Si è parlato delle città, dei luoghi dove viviamo.
Partiamo dalla tua personale esperienza amministrativa, come sta cambiando l’idea che si ha delle città?
Nelle città di tutto il mondo, come a Milano, stanno cambiando gli abitanti, i loro desideri e le loro priorità, è cambiato il modo di lavorare e sta crescendo un diverso sentire rispetto allo spazio pubblico, alla sua funzione. L’impatto della pandemia ha portato cambiamenti anche sul modo in cui ci si sposta nelle città e anche fenomeni come l’home delivery ci raccontano che siamo cambiati e che, di conseguenza, sono cambiate anche le nostre aspettative rispetto a quello che chiediamo che una città ci offra. È un momento in cui serve molta politica. In un decennio a Milano è cambiato circa il 40% dei residenti, cinquecentomila nuovi cittadini sono arrivati e quattrocentomila si sono invece trasferiti altrove, un dato che mi colpisce sempre è che i duecentomila operai degli anni Settanta corrispondono oggi al numero degli studenti universitari. Le città attraggono quindi molte persone, sia lavoratori di alta fascia che persone con occupazioni meno remunerate, crescono le attività legate alla cultura e all’intrattenimento, ci si interroga sul rapporto tra obbiettivi di vita e centralità del lavoro. È l’occasione per trovare nuovi equilibri tra territorio e lavoro e ripensare le città non solo in termini di servizi ma proprio come ecosistema inclusivo.Sono cambiati gli abitanti e è cambiata anche la sinistra. A Milano, a partire dal 2008, si è formata una nuova generazione di attivisti giovani e motivati che, partendo dal basso, dalle sezioni nei quartieri, ha dato nuovo slancio e idee moderne alla sinistra cittadina contribuendo al successo di Pisapia prima e di Sala dopo.
Tempi di cambiamento e di sfide quindi, a Milano cosa è successo?
Ritengo che si stiano vivendo momenti epocali e che occorra molta politica, soprattutto nei momenti di svolta si devono prendere decisioni straordinarie in modo che il cambiamento sia guidato e non subìto. Due momenti a Milano sono stati particolarmente significativi, il primo è stato l’attivazione da subito dell’Area C. Molti pensavano che non fosse tecnicamente possibile e che non ci fossero nemmeno le condizioni politiche e invece… Il progetto di Area C fa parte di una visione più ampia di interventi in un’ottica di sostenibilità, con essa ha avuto slancio la realizzazione di M4 e la modernizzazione delle altre linee metropolitane. La diminuzione del traffico ci ha consentito di raddoppiare le isole pedonali in centro e di realizzare le prime Zone 30. Un secondo passaggio importante è stato la reazione alla prima ondata pandemica che ci ha portati a rivoluzionare lo spazio pubblico con nuove ciclabili, ulteriori spazi pedonali e la liberalizzazione di dehors e tavolini dei ristoranti. È quello che generalmente è successo nelle città simili a Milano, non a Pavia, dove dopo le esperienze storiche delle città del nord anche una metropoli come Parigi ha dato un’importante svolta diventando punto di riferimento europeo per il cambiamento e l’adattamento al clime changing.
Nuovi paradigmi per definire le città e nuove risposte, quali sono però i nuovi problemi?
In nessuna delle città europee paragonabili a Milano il valore delle case scende, non va bene. Le città attraggono molte persone, spesso ad alta scolarizzazione, a cui però non si riescono ad offrire adeguate retribuzioni, è un problema ampio cui non si può rispondere in maniera semplice, occorre lavorarci, il canone concordato per esempio fa fatica a funzionare. In Francia e Germania invece riutilizzano bene gli edifici abbandonati per realizzare edilizia sovvenzionata. Il pendolarismo estremo va comunque superato, vanno incentivati consumi più locali, va detto che Regione Lombardia non aiuta proprio, occorrono investimenti dall’alto e agilità nell’adattamento locale. Un altro punto problematico è che un pezzo di Lombardia chiaramente non può muoversi in maniera sostenibile, sto pensando ai paesi. Il trasferimento nodale non sempre funziona, è necessario progettare forme di mobilità collaborativa e modalità miste e integrate
Quali altre trasformazioni e adattamenti vedi nell’immediato futuro delle città?
Le città vanno sempre più pensate non come isole ma in termini di interazioni e prossimità, i nuovi arrivati cercano comunità e ci sono molte dinamiche di rete nuove che vanno sviluppate e promosse. Servono nuovi servizi pubblici che ora non ci sono, meglio un bar di riferimento o un’area di sgambamento che un ufficio dell’anagrafe, bisogna pensare diversamente lo spazio pubblico. Il miglior uso dei luoghi è farne buon uso: negozi di vicinato, spazi pedonali, mobilità dolce, una corretta illuminazione sono elementi fondamentali per incrementare il senso di sicurezza e far sì che sempre più persone vivano le città. Mettere in sicurezza è rendere vivi i territori. Una città per le donne e per i bambini, anche per i cani, è una città per tutti, se la città non è bella non ci vivi bene. L’economia di servizio di territorio è utilissima per la valutazione e la gestione delle risorse economiche, umane e tecnologiche al fine di contribuire ad ottimizzare l’efficacia e l’efficienza delle attività e dei servizi forniti dalle Pubbliche Amministrazioni e dalle organizzazioni private che le supportano nello sviluppo del territorio. Strade e spazi pubblici ben progettati promuovono la coesione sociale e gli scambi intergenerazionali, generando senso di comunità. Utilissimi sono stati, e saranno, i progetti di urbanistica tattica.
Parlando di politica e di risposte dall’alto, riferendomi alla polemica attuale (la mancata candidatura di Maran NDA), mi sento di dire che non si è cercato il merito.
Si è smarrito il punto di riferimento ideologico, non troviamo i punti cardinali ed è anche naturale che sia così, considerando i repentini cambiamenti degli ultimi anni. La politica è però testimonianza di realtà, impegno non promesse era lo slogan della mia prima campagna elettorale, il mio patto con i cittadini, devi essere pronto a mollare se serve, anche per cause esterne e non dipendenti da te, a me è capitato. Comunque, se mantieni la rotta prima o poi la politica torna, non si fa politica da soli.