La Prima Guerra Mondiale mise in crisi l’artigianato orafo valenzano, visto il crollo della domanda di beni di lusso. Solo poche aziende, orientate più al commercio di gioielli che alla loro produzione, sopravvissero e ne uscirono rafforzate, mentre molti piccoli artigiani fallirono o dovettero produrre in subappalto per i nuovi potenti marchi commerciali locali.
Gli Anni Venti furono quindi dominati da poche aziende orafe, dedite per lo più al commercio di preziosi, che appaltavano la produzione a piccole aziende artigiane da esse dipendenti, le quali a loro volta subappaltavano a lavoratori ufficialmente autonomi, ma in realtà dipendenti dalle indicazioni della committenza. Si diffuse così un modo di produzione informale, per cui una grande massa di lavoratori malpagati produceva in casa gioielli per pochi mesi l’anno, sulla base delle indicazioni dei grandi commercianti locali. Le istanze rivendicative di questa nuova classe operaia sarebbero state represse, di lì a breve, dal regime fascista. Durante la Guerra di Liberazione Valenza divenne un importante centro della resistenza partigiana. Nel dopoguerra lavoratori e piccoli artigiani avrebbero fatto fronte comune, sostenendo Partito Comunista e Partito Socialista, mentre la nuova élite locale di commercianti di gioielli avrebbe trovato nella Democrazia Cristiana il proprio referente politico. Tuttavia in un primo momento, nel 1945, si cercò di dar vita ad un’istituzione rappresentativa dell’intero settore orafo valenzano, che assunse la denominazione di Associazione Orafa Valenzana (AOV). L’AOV fissava regole e standard produttivi, distribuiva le materie prime tra i vari produttori e forniva anche uno spazio di confronto con i sindacati dei lavoratori, che furono invitati a contrattare salari migliori. Presto però, già nel 1948, l’élite democristiana prese il controllo dell’AOV, eleggendo un presidente DC ed elevando a 1000 lire la quota annuale di associazione. Il risultato fu che i piccoli artigiani orafi di sinistra fuoriuscirono in massa dall’associazione.
Villa Scalcabarozzi, la prima sede dell’AOV (oggi museo)
PER SAPERNE DI PIÙ:Gaggio, Dario, “Pyramids of Trust: Social Embeddedness and Political Culture in Two Italian Gold Jewelry Districts”, in: Enterprise & Society , MARCH 2006, Vol. 7, No. 1, Cambridge University Press, marzo 2006, pp. 19-58