Ovvero le modalità con la quale è possibile fermare il diretto avversario portatore della palla.
Il rugby è un po’ come la vita: attaccare, avanzare e dare il meglio di sé. Combattere in un mare di squali.
Cercare di attraversare corridoi in mezzo a gente che non ti vuol lasciar passare. Nel rugby e nella vita il posto te lo devi conquistare.
Il rugby è uno sport fotocopia di un certo stile di vita giocata in attacco, alla ricerca e alla conquista.
Il rugby è vita e, come nella vita, ci lasciamo attrarre da sfide continue. Competizioni in cui spesso chi attacca per primo vince, si aggiudica il successo. Chi avanza guadagna terreno e invece, chi trascorre sempre le serate davanti a cellulari e tv, probabilmente si lamenta e perde occasioni per andare avanti, progredire e vincere.
Ma nel rugby, come nella vita, non basta e non serve sempre e solo attaccare. Occorre anche difendersi e serve parare bene i colpi e tutelarsi da avversari e avversità.
Opporsi alle calamità della vita, alle ingiustizie, ai soprusi di chi abusa illegittimamente del proprio potere. E quando questo accade allora occorre fermare chi ci ostacola, arginare la sua irruenza, interrompere il suo attacco.
Nella vita e nel rugby è uguale. Nel rugby devi placcare, e placcare significa fermare l’avversario, bloccarlo. Non permettergli di proseguire nei suoi intenti e nelle sue idee di gioco. Interrompere le sue iniziative e togliergli le motivazioni per nuocere ora, in quel momento e anche dopo.
Nel rugby e nella vita, placcare per liberarsi dagli avversari è fondamentale per proseguire e attivare le più forti motivazioni del sé.
Nel rugby è consentito placcare dal collo in giù.
Il placcaggio è vietato quando viene:
• eseguito mentre l’avversario vola in aria e si trova senza appoggi al suolo;
• effettuato solo con la botta di spalla senza chiudere con le braccia intorno al corpo;
• afferrato l’avversario per il collo, da qualunque posizione: davanti, dietro, di fianco.
Tutto questo non è permesso. È vietato! Placcaggi simili possono diventare letali per chi li riceve e vanno penalizzati sempre. Puniti comunque, in un modo o nell’altro.
Nel placcaggio non puoi bloccare l’avversario “cappottandolo” e alzandolo oltre la posizione orizzontale del corpo. Non puoi alzarlo in verticale. È vietato. Se lo fai rischi grosso. Quando alzi l’avversario con la palla da terra, devi accompagnarlo con le tue braccia al suolo. Sempre e comunque.
Nel rugby il placcatore (il giocatore che ferma l’avversario con la palla) è l’unico che, ritrovandosi nel campo avversario, si può rimettere in piedi e recuperare la palla.
Il placcaggio deve essere eseguito con padronanza della tecnica individuale e con una buona dose di coraggio e grinta personale.
Quando nel placcaggio e nella vita, c’è poca furia agonistica e poca pressione difensiva, anche gli attaccanti avversari, non particolarmente dotati di mezzi eccelsi, riescono a fare un bel figurone, avanzando e creando buchi nella difesa avversaria.
Placcano? No! Quella squadra non placca! Gioca a tirare le magliette.
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