Max Fuschetto è un talentuoso musicista e compositore beneventano; eccellenza italiana apprezzata all’estero, si distingue come uno dei più innovativi e interessanti esponenti della scena musicale italiana contemporanea.
Il suo straordinario talento ha guadagnato ampio consenso da parte del pubblico e della critica, con recensioni lusinghiere su importanti testate giornalistiche. Le sue opere sono state trasmesse da emittenti radiofoniche nazionali, Rai compresa, così come da affermati network internazionali come Radio France, Funkhaus Radio Europa di Berlino e NDR Kulture di Amburgo.
La musica di Max Fuschetto ha trovato un degno palcoscenico in importanti festival tra i quali spiccano il Ravello Festival, l’Auditorium Parco della Musica di Roma, il Teatro S. Carlo di Napoli, il Forum delle culture, il Festival del mondo arabo, l’Expo 2015 di Milano e numerosi altri eventi di rilevanza artistica.
Vanta collaborazioni con illustri artisti e istituzioni, tra cui il compositore Robert Carl e il gruppo di danza Eko Dance Project. Ha composto colonne sonore di documentari girati in terre lontane, come il Mozambico, la Bosnia e l’Europa dell’Est e proprio questo mese l’International Gold Award di New York, lo ha insignito del premio The Best Original Score per le musiche presenti nel film del regista Giovanni Coda “La sposa nel vento”.
Oltre alle sue indiscusse doti di compositore, Max Fuschetto si rivela un abile e virtuoso esecutore di oboe e sassofono, spaziando con disinvoltura dall’ambito classico a quello contemporaneo.
Nel corso della sua carriera, Max Fuschetto ha avuto il coraggio e la curiosità di esplorare e sperimentare una vasta gamma di stili musicali, abbracciando con ardore la musica popolare, il jazz, le sonorità dell’Africa subsahariana e il fascino del gamelan balinese.
La sua capacità di instaurare proficue collaborazioni con artisti provenienti da diverse tradizioni musicali ha contribuito a promuovere un autentico dialogo interculturale, che trova eco nelle sue opere.
Max Fuschetto ha all’attivo quattro album, l’ultimo dei quali, dal titolo evocativo di “Ritmico Non Ritmico”, ha visto la luce nella primavera del 2022 grazie all’etichetta NovAntiqua Records.
National Daily Press lo ha intervistato proprio per parlare della sua ultima produzione.
Max, il tuo ultimo album, “Ritmico Non Ritmico ” arriva a quattro anni dal tuo precedente album, “Mother Moonlight”, raccontaci un po’ di più su come è nato questo nuovo progetto.
Quando mi avvio verso una nuova avventura discografica mi lascio guidare da un’idea, un concetto, che fa da catalizzatore di idee musicali sparse oppure crea le premesse per scrivere qualcosa di nuovo. In questo caso mi ero appassionato alla lettura di Teoria e Forma della figurazione di Paul Klee. Tra le tante cose che ho trovato interessanti da trasporre nella dimensione del suono c’è lo studio sulla linea.
Il mio sguardo si è fermato su una serie di quadri che hanno come titolo “Rhythmisches”, Ritmico: è un’analisi della possibilità estetiche che nascono dalla riproduzione di una comune scacchiera, quindi di moduli che si ripetono. A differenza di Mondrian, però, Klee disegna a mano i piccoli quadrati dando così alla scacchiera una forma di fluttuante irregolarità. Questa idea di pattern che si ripetono con delle differenze minime ma significative mi è sembrato un buon modo di procedere: sono nati così i tre Number e Trame che contengono la riproposizione di brevi motivi in una forma sempre diversa la cui combinazione consente di approdare a risultati completamente inattesi.
Il titolo dell’album, “Ritmico Non Ritmico”, sembra intrigante. Ci puoi spiegare il significato dietro questa scelta?
Alcuni brani del disco, che avevo scritto in altre occasioni, come Midsommar o Iride, A Paul Klee mancano di una pulsazione. La loro evoluzione nel tempo è simile all’espansione casuale di un gas o di una nuvola: in realtà hanno un ritmo evolutivo ma mancano del riferimento costante di un beat. Per cui l’unico modo per sintetizzare questo contrasto in Ritmico mi è sembrato l’antica oscillazione tra l’essere (qualcosa) e il non essere (qualcos’altro).
Max, tu sei un musicista che abbraccia con passione la diversità e crea un punto di incontro tra culture. Come descriveresti la tua scrittura musicale?
Un ibrido. Prendo in prestito la risposta che Fellini diede ad un giornalista che gli chiedeva di definire il suo cinema. La mia musica non vive di sicurezze estetiche ma sperimenta di volta in volta la possibilità di definire un’idea complessiva attraverso i mezzi che ho a disposizione: una strumentazione particolare, la possibilità di coinvolgere musicisti di talento, un insieme di idee musicali capaci di contenere o sviluppare le istanze compositive che affiorano al momento e di inserirsi in una visione più ampia che è quella che di solito guida i miei lavori. Tuttavia, rileggendo gli appunti che prendo a mo’ di diario mi rendo conto che tra le premesse e le conclusioni ciò che domina l’intero processo è il caos: brani che avevo dato per sicuro nel disco improvvisamente scompaiono e idee venute fuori all’ultimo momento diventano dominanti. La sceneggiatura in questo caso è un fare ordine per far posto al disordine. Il risultato è una “bella confusione” per andare questa volta nella direzione di Ennio Flaiano.
Il tuo lavoro ha un impatto emotivo e concettuale molto profondo. Qual è il messaggio principale che speravi di trasmettere attraverso quest’ album?
Ti ringrazio per questo riconoscimento. In realtà messaggi non ne ho, mi interessa solo fare un bel disco, realizzare una dimensione nella quale, per chi abbia voglia di dedicarvi tempo e attenzione, e non abbia pregiudizi di superficie (assomiglia-non assomiglia), è possibile sintonizzarsi sulle relazioni interne tra le parti che, ad ascolti ripetuti, dispiegano l’intera architettura i cui colori, le cui volute espressive devono molto anche agli straordinari musicisti che mi affiancano come Enzo Oliva, Pasquale Capobianco, gli archi di Silvano Fusco ed Eleonora Amato. Di lì, poi, a cose fatte, ognuno chiudendo gli occhi ci vede ciò che vuole.
Quest’ultima fatica artistica si avvale della collaborazione del talentuoso trombettista Luca Aquino, com’è nata la collaborazione con lui?
Conoscevo da tempo il lavoro di Luca e mi era sempre piaciuto immaginare un punto d’incontro. Ad un certo punto, mentre ripensavo a come elaborare il tema di A Lucio B. mi è venuta in mente questa virata a mo’ di progressive rock e cioè di abbandonare il tema per una sezione completamente diversa: ritmica, su un solo accordo, con archi che entrano ed escono come attori senza una parte. Il tutto da completare con una improvvisazione che assomigliasse ad un volo. Luca si è inserito magnificamente facendo il resto.
È interessante notare che l’album si conclude con il brano “A Lucio B.”, un omaggio a Lucio Battisti. Può spiegarci il significato di questo brano?
Nei miei lavori mi a volte mi abbandono ad un momento retrospettivo. Ci sono frammenti di musica che appartengono ad un mio lontano passato.
L’ibrido qui diventa l’inserimento di un elemento estraneo in un concept che punta verso tutt’altra direzione. Una rêverie improvvisa, che s’impone solo per il suo carattere soggettivo e non per il suo valore estetico e che scompone l’unità complessiva come una casetta d’argilla piazzata in mezzo a palazzi di vetro.
A Lucio B. era un tema senza un titolo. Però alcune caratteristiche del tema mi ricordavano gli anni ’70 e così ho pensato di farne un omaggio ad un artista il cui genio si è imposto a dispetto delle convenzioni canore e musicali del tempo, un esempio.
Hai sogni nel cassetto e progetti per il futuro?
Oltre al vissuto quotidiano che impone una stretta aderenza alle cose esiste una realtà dei sogni e dell’immaginazione che va a sovrapporsi ed interferire continuamente con la prima. È come se essa predisponesse ogni volta un piano B, C per uscire fuori dai limiti angusti in cui spesso ci troviamo ad agire.
Mentre il mondo fisico è una dimensione limitata dal corpo che si muove nello spazio e nel tempo ed interagisce con gli altri attraverso risorse ristrette e conoscenze imperfette, il mondo dell’immaginazione, per dirla con Kierkegaard, è invece infinito e ci consente continuamente di rimodulare piani e aspirazioni trasformando i limiti in opportunità. Un disco, una creazione in generale, è darsi questa opportunità di andare oltre, continuamente. Quindi la risposta non può che essere affermativa.
Max Fuschetto | A Lucio B. | ft.Luca Aquino:
Ritmico Non Ritmico– Novantiqua Record – 9 tracce | 36.37 min.
Enzo Oliva: Piano
Pasquale Capobianco: Electric Guitar
Eleonora Amato: Violin
Silvano Fusco: Cello
Luca Martingano: French Horn
Giulio Costanzo: Marimba
Max Fuschetto: Oboe, Soprano Sax & Electronics
Special Guest Luca Aquino in Midsommar #7 and A Lucio B. #9