Non siamo sempre quelli buoni, simpatici e generosi come amiamo descriverci.
Siamo capaci, e lo abbiamo dimostrato, di cose molto molto cattive.
Vizi e virtù
Se chiedete in giro, intendo a dei vostri amici stranieri, quali caratteristiche attribuiscono agli italiani sono sicuro che tra tutti i vizi e le virtù citati non compariranno certo guerrafondai e feroci.
L’immagine che nel mondo gli italiani si sono costruiti, più o meno consapevolmente, non include quella militaresca, di combattenti temibili. Forse ricordano individualismi eroici, avventurosi ma poco maramaldeschi.
Organizzazioni
Al massimo, quando si parla di organizzazione non lo si fa con riferimento a quella militare ma al più a quella criminale dove, ahinoi, tutti ci riconoscono grandi doti.
Ciò perché la nostra storia è poco conosciuta, anche da noi stessi.
Citiamo continuamente il fascismo ma non ne conosciamo veramente le sue fasi, le dinamiche, gli orditi insomma del tessuto storico del ventennio fascista. I giovanissimi poi al più interrogano compulsivamente Google quando si imbattono in qualcosa che appartiene al tema fascismo.
Alcuni poi sono ancora affascinati dalla retorica, dal folklore, dalla simbologia fascista e poco di più.
Certi poi si sbracciano nel saluto fascista senza aversi preso briga di andare a scoprirne le origini.
Amba Aradam
Eppure gli italiani, intendo organizzati militarmente in un esercito, sono stati capaci di azioni nefande, inutilmente crudeli.
Tra queste possiamo annoverare il massacro di Amba Aradam, conosciuto anche come la battaglia dell’Endert.
La battaglia, combattuta tra il 10 e il 19 febbraio 1936, rappresenta uno degli scontri più importanti della Seconda Guerra Italo-Etiopica, che vedeva l’Italia fascista di Benito Mussolini incaponirsi nel tentativo di espandere il suo impero coloniale in Africa Orientale.
Invasione dell’Etiopia
Con questa mira l’Italia lanciò l’invasione dell’Etiopia, in allora Abissinia, il 3 ottobre 1935. Lo fece nonostante le sanzioni imposte dalla Società delle Nazioni e le condanne internazionali.
Le truppe italiane, certamente ben equipaggiate e accompagnate da artiglieria e aviazione moderna, avanzarono all’inizio assai rapidamente. Successivamente incontrarono però una fiera resistenza da parte degli etiopi, guidati dal Negus Hailé Selassié e dai suoi generali, inclusi Ras Mulugeta Yeggazu e Ras Kassa.
Il conflitto
Il conflitto che ci interessa si svolse sulle impervie montagne dell’Etiopia settentrionale, esattamente presso il monte Amba Aradam nella regione del Tigrè. L’esercito del Regno d’Italia, comandato dal Maresciallo Pietro Badoglio, affrontò le forze etiopi del comandante Mulugeta Yeggazu. La battaglia si sviluppò in numerosi attacchi e contrattacchi, in successi momentanei e in repentine sconfitte di entrambe le parti una sull’altra. E di sangue ne scorse parecchio.
Nonostante la strenua e coraggiosa resistenza delle forze etiopi, le superiori risorse e le tecnologie italiane (davvero?) iniziarono a dare dei vantaggi ma per prevalere non erano ancora sufficienti. Si profilava quindi un altro duro periodo di battaglie con relativi morti, feriti e soprattutto costi.
Il colpo di genio
E qui scatta il colpo di genio italiano, purtroppo malefico.
Gli italiani si determinarono a utilizzare il gas mostarda, soprannome quasi simpatico per definire l’iprite, un’arma chimica micidiale assolutamente proibita dalle convenzioni internazionali in materia bellica.
La sparsero sorvolando a bassa quota i territori nemici con la moderna aviazione italiana.
Fu ecatombe, di soldati ma purtroppo anche di civili inermi che morirono tra spasmi atroci.
La vittoria del Regno d’Italia
Le truppe etiopi, furono sopraffatte e il 19 febbraio 1936, il comandante etiope Ras Mulugeta cadde durante la ritirata. La sua morte segnò anche la fine della battaglia.
La sconfitta ad Amba Aradam consentì alle truppe del Regno d’Italia una rapida avanzata verso Addis Abeba, che fu conquistata il 5 maggio 1936.
Il trionfo e il Corriere della Sera
La stampa italiana dell’epoca, naturalmente controllata dal regime fascista, esaltò la vittoria italiana come un grande trionfo militare.
Il “Corriere della Sera” del 20 febbraio 1936 titolò: “Gloriosa Vittoria delle Armi Italiane ad Amba Aradam – Le Truppe di Ras Mulugeta Annichilate”.
La propaganda del regime sfruttò la vittoria per rafforzare il consenso interno e rappresentare l’Italia come una potenza moderna e invincibile.
La stampa e le Organizzazioni umanitarie
La stampa internazionale, dimostrò invece tutta la sua contrarietà.
Le Organizzazioni umanitarie, in allora pochine, condannarono l’uso di armi chimiche e le atrocità commesse ai danni della popolazione civile. La Società delle Nazioni criticò l’aggressione italiana ma non riuscì, o non volle, prendere misure davvero efficaci per fermare l’invasione italiana. Risultato fu la dimostrazione della sua impotenza che contribuì al discredito delle istituzioni internazionali del tempo. Nulla di nuovo sotto il sole.
Ambaradan: grande confusione e caos.
Pochi sanno di questa nefandezza italiana ma moltissimi anche oggi usano l’espressione Ambaradan, crasi di Amba Aradam, quale sinonimo di grande confusione e caos.
Qualche tempo fa, ormai parecchio, hanno addirittura chiamato con questo nome anche una Radio commerciale. Chissà se il capo del marketing conosceva i retroscena storici o da buon italiano si è limitato alla superficie della cosa, magari al suono della parola.
L’alleanza
Il termine nacque proprio lì, in Etiopia, perché durante le fasi finali della battaglia le truppe italiane si allearono improvvisamente con alcune tribù locali prima ostili, che cambiarono fronte più e più volte.
Ne seguì un caos indescrivibile, dove qualcuno senza saperlo si trovò a combattere i propri alleati…Molti morirono sotto il fuoco amico!
Però questa cosa tutta italiana ce la trasciniamo ancora oggi.
Certo ve ne sarete accorti vero che qui viviamo in un eterno ambaradan.
Un onta indelebile della nostra Storia di cui provo vergogna ancora oggi.