Nel panorama della storia italiana, un nome risplende tra le pagine dei secoli con un’aura di mistero e fascino intramontabile: Dante Alighieri.
Spesso associato alla magnificenza di Firenze, dove il genio poetico nacque, sorprendentemente, il Sommo Poeta riposa non tra le mura della sua città natale, ma nei territori di Ravenna, dove il velo della notte si adagiò sul suo spirito il 13 settembre 1321, sigillando così la fine di un’epoca e l’inizio dell’immortalità della sua opera.
Fu proprio in questa città emiliano-romagnola che Dante trascorse gli ultimi atti della sua vita, consumando le candele del tempo per completare il capolavoro della letteratura mondiale, La Divina Commedia. Lontano dalle mura che una volta lo accolsero come cittadino, Ravenna divenne il palcoscenico finale per il suo inno alla vita e alla sua ricerca spirituale.
Ma Ravenna è molto più di una città di passaggio per il genio dantesco. È un gioiello dell’arte, della cultura e della spiritualità, un luogo dove il mare culla le sue antiche mura, i campanili intonano il ritmo del tempo e i chiostri monastici raccontano storie millenarie. È qui che risplendono i mosaici bizantini, testimoni silenziosi di un’epoca d’oro, accanto alle testimonianze della fede paleocristiana, un patrimonio che l’UNESCO ha giustamente riconosciuto come parte del tesoro mondiale.
Tuttavia, il richiamo di Dante è palpabile in ogni pietra di Ravenna. È qui che il poeta compose gli ultimi versi del Paradiso, forgiando con la penna un ponte tra il terreno e il divino, tra l’umano e l’eterno. E fu qui che il suo respiro si spense, nell’oscurità di una notte, forse vinta da una malattia contratta durante un viaggio diplomatico a Venezia.
Le polemiche non si placarono nemmeno dopo la sua morte. Le città di Ravenna e Firenze, affamate di gloria e di storia, si contesero il suo corpo per secoli. Firenze tentò più volte di riportare a casa le sue spoglie, ma ogni sforzo si infranse contro il muro della resistenza ravennate. Eppure, un’ombra di mistero avvolgeva il destino delle ossa del poeta, come se un velo di segreti si fosse steso su di esse.
Solo nel 1865, durante i lavori nei pressi della cappella di Braccioforte, il segreto venne svelato. Una cassetta di legno, nascosta tra le pietre, portava inciso il nome del Sommo Poeta. I frati, nel tentativo di proteggere il loro illustre ospite dalla rapacità delle altre città, avevano nascosto le sue spoglie, conservandole gelosamente nel ventre del convento.
Da allora, la tomba di Dante è stata un simbolo di stabilità e permanenza, resistendo al fluire dei secoli e alle tempeste della storia. Oltre le vicissitudini del tempo, le sue ossa riposano ora nella quiete del tempietto che si erge fiero nel cuore di Ravenna, testimone silenzioso di un mistero finalmente risolto.