C’è una bellezza semplice nel Lunedì in Albis. Una bellezza che non ha bisogno di cerimonie solenni o parole grandi, ma che si riflette nei gesti familiari, nei prati che si riempiono, nelle tavole apparecchiate all’aperto, nei passi lenti tra sentieri e boschi. È il giorno della “gente comune”, il tempo sospeso in cui la Pasqua si prolunga nel quotidiano, e la festa incontra la vita.
La gioia si condivide
Nella tradizione cristiana, il Lunedì dell’Angelo – così detto per ricordare l’annuncio della resurrezione dato alle donne al sepolcro – è carico di un significato profondo: la gioia che si condivide, che si esce a raccontare, che rompe l’isolamento e cerca l’altro. Ma anche chi non vive la fede trova in questo giorno una pausa gentile, una parentesi collettiva fatta di vicinanza e leggerezza.
È anche il giorno delle comitive, delle famiglie allargate, delle passeggiate nei luoghi dell’anima: la montagna, la campagna, il mare. È un giorno popolare, nel senso più alto e bello del termine.
Il valore del tempo insieme
In un tempo segnato dalla frenesia, dalla produttività a tutti i costi e dalla solitudine digitale, il Lunedì in Albis ci insegna il valore del tempo speso insieme. Ci ricorda che la comunità si costruisce anche così: con una risata sotto il sole, con il pane condiviso, con il gioco dei bambini che interrompe i discorsi dei grandi.
E dietro quel giorno “di scampagnata”, rimane vivo il senso originario: la vita è risorta e va portata fuori, fuori dai templi, dentro le strade, tra le persone. La fede – o, più semplicemente, la speranza – esce dai sepolcri per tornare a camminare accanto a noi.
Il Lunedì in Albis non è solo un prolungamento festivo della Pasqua. È il suo volto quotidiano. Il più vicino, il più umano, il più necessario.