Se il 2022 ha portato con sé il caldo record in Europa e il freddo storico negli Stati Uniti, il 2023 non è stato da meno. Persone e istituzioni devono agire subito per mitigare la crisi climatica.
Dalla vicenda della Marmolada alla tempesta artica americana di dicembre; passando per l’inondazione del Pakistan e il monsone che sta colpendo l’India settentrionale. Vicende diverse, ma tutte attestanti il cambiamento climatico. Per affrontarlo non solo a parole è necessario responsabilizzare ciascun individuo a livello globale e abbattere quelle divisioni che lacerano gli interessi economici e politici degli Stati.
Il cambiamento climatico. Nonostante si manifesti da sempre sul nostro pianeta, con periodi glaciali (quali il Pleistocene) o lassi di tempo torridi (per esempio il Medioevo), per troppo tempo l’abbiamo negato, sottovalutato, ignorato e nascosto. Quando ha dimostrato la sua forza negli ultimi anni, ne abbiamo attribuito la responsabilità al fato e chiuso nell’immediato il discorso con “Doveva andare così”. Vi sono persone e politici che, nonostante dati scientifici comprovanti l’esistenza, non lo riconoscono o lo considerano una questione non rilevante e altri sensibili al problema, ma non attivi in modo adeguato per mitigarlo. Il cambiamento climatico esiste e non ha mai corso così veloce.
Il 2022. Si è caratterizzato per conseguenze climatiche estreme. Nella memoria degli italiani è scolpito il crollo del ghiacciaio della Marmolada. Una vicenda che ha sepolto 11 scalatori tra i monti delle Dolomiti. I residenti limitrofi al ghiacciaio riportano come in dieci anni si fosse sciolto il 30% della superficie della Marmolada a causa delle estati calde, accompagnate da precipitazioni limitate. Oltre i confini europei, sono degne di nota: la bufera artica che ha colpito parte del Nord America durante il periodo natalizio (dai Grandi Laghi sino a New York), determinando 50 vittime; l’inondazione del Pakistan, per la quale si contano 1.739 decessi. Queste ultime manifestazioni sono attribuibili, secondo i pareri di meteorologi ed esperti, al riscaldamento della crosta terrestre, in particolar modo al caldo del Polo Nord.
Il 2023. Il primo semestre dello scorso anno è stato ancor peggio del 2022. Secondo l’analisi di Coldiretti, “l’Italia ha registrato in poco più di 120 giorni circa 50 disastri ambientali indotti dal clima, con un incremento del 64% rispetto allo scorso anno”. Tra questi, l’alluvione emiliana di maggio. Una manifestazione climatica che ha determinato 15 vittime, 250 dissesti e frane in 48 comuni. Il Copernicus Climate Change Services (C3S) considera l’inverno boreale 2022-2023 come il secondo più caldo della storia europea. Nel resto del mondo, l’India è stata tra i Paesi più colpiti, a causa di una quantità di pioggia che non si vedeva da almeno 40 anni.
La coscienza. L’uomo dovrebbe contestualizzare la crisi climatica non come causa dei disastri sociali e ambientali, bensì (anche) quale conseguenza delle proprie azioni quotidiane. Il Rapporto di Sintesi 2023 sul cambiamento climatico (redatto da ipcc – Intergovernmental panel on climate change), indica che “l’attività e il comportamento umano sono alla base di molte manifestazioni climatiche estreme che caratterizzano sempre più ecosistemi sulla Terra”. Il sito della Commissione Europea, nella sezione dedicata al Climate Change, riporta come “L’uso di combustibili fossili, l’abbattimento delle foreste e l’allevamento del bestiame hanno un impatto sempre più forte sul clima e sulla temperatura del pianeta. Queste attività aggiungono enormi quantità di gas serra a quelle naturalmente presenti nell’atmosfera, alimentando il riscaldamento globale”. Il monito delle istituzioni è un invito a meditare nell’immediato circa l’impatto delle nostre abitudini e consumi quotidiani sull’ecosistema.
La responsabilità politica. La consapevolezza di ciascuno dovrebbe essere accompagnata dalla politica. In particolar modo, da un punto di vista comunicativo e finanziario. Il report sopracitato di ipcc attesta che i principali ostacoli per una diffusione omogenea e globale circa la coscienza e l’adattamento al cambiamento climatico sono “un’insufficiente mobilità della finanza, una mancanza dell’impegno politico e del settore privato e uno scarso sentimento circa l’urgenza della tematica ambientale”. Se è vero che non mancano le iniziative internazionali aventi ad oggetto il global warming (fra tutte la “conferenza delle parti”, nota come COP), continua a mancare l’impegno diffuso per tradurre le parole e le promesse spese nei comizi elettorali.
Disomogeneità internazionale. Da un lato si colloca l’Europa, che punta a un impatto climatico zero entro il 2050 e richiede alle imprese più importanti del Suo territorio un rendiconto circa il raggiungimento di obiettivi sostenibili (tra i quali il rispetto climatico). Dall’altro vi sono Cina, Stati Uniti, India e Russia. I Paesi (nell’ordine) maggiormente responsabili della produzione di gas a effetto serra e con gli ultimi tre assenti alle ultime edizioni COP (a causa del conflitto russo-ucraino). Nel 2021 l’India ha ridimensionato gli accordi precedenti che la impegnavano ad abbandonare la dipendenza da combustibili fossili a partire dalla metà del secolo, con lo slittamento del precedente obiettivo al 2070. La mancanza di sensibilità comune circa la lotta alla crisi climatica, rischia di vedere l’impegno della sola Europa e dell’Occidente, con un’azione che dovrebbe invece essere globale” (Simon Stiell, Segretario Esecutivo – UN Climate Change).