La mia impressione è che tenere questa guerra su un profilo di bassa intensità abbia diversi scopi, tra i quali il più importante è prendere tempo per lasciare stemperare la tensione e giungere al tavolo delle trattative senza aver prima raso al suolo una nazione. Al Cremlino interessa che i missili Usa non siano a pochi minuti di volo dagli obiettivi russi. Sono vent’anni che Putin lo va ripetendo e non ho ragione di ritenere che questa guerra abbia scopi diversi. Salvo, poi, finire smentito dai fatti. Staremo a vedere. Per la Russia di Putin, così come per altre nazioni, come Israele, in modo più “furbesco” gli Usa o, con ben altra “eleganza” il Regno Unito, il ricorso all’azione militare è parte integrante dell’azione politica. So che fa schifo, ma ai piani alti funziona così. Occorre, purtroppo, prenderne atto nei nostri ragionamenti.
Se Putin, dopo avere per anni manifestato le sue perplessità sull’allargamento della Nato a Est, e dopo aver sempre visto rifiutare le sue proposte di trattative sulla reciproca sicurezza, decide di ricorrere a una guerra di aggressione, a meno che non sia impazzito (e allora qualsiasi pretesa di ragionamento decade), lo fa per spingere le parti in causa al tavolo dei negoziati. È un modo certamente brutale ed esecrabile di farlo, ma nella storia non è certamente un’anteprima assoluta.
Niente di nuovo. Il fatto che Putin sia disposto a sopportare pesantissime sanzioni, lo sdegno internazionale e un grave dissenso interno, pur di risolvere le questioni sulla sicurezza dei propri confini, dà la misura di quanto questo argomento rivesta per lui un’importanza vitale. Anche di questo occorre prendere atto e, che la sua preoccupazione sia frutto di paranoia o che sia legittima, poco importa.
Dal momento che non possiamo costringerlo a sedute di psicoterapia, occorre considerare che Putin, nella nostra formula, è una costante, non una variabile. E come non è possibile mettere in orbita un satellite cambiando, nella formula, la Costante di Gravitazione Universale, così non è possibile venire a capo della crisi pretendendo che Putin si convinca che, dei missili Nato, non ha nulla di cui preoccuparsi. Soprattutto quando glielo si spiega puntandoglieli contro!
Ora c’è da augurarsi che queste drammatiche vicende diventino presto il primo passo verso un progressivo e reciproco disarmo in un clima di comprensione delle preoccupazioni e delle ragioni altrui. Un po’ si chiede e un po’ si cede. Negoziare è questo e, come scriveva Henry Kissinger in un articolo del 2014 pubblicato dal Washington Post, il risultato della trattativa “non è la soddisfazione assoluta, ma un’insoddisfazione equilibrata”.