Il fenomeno del “bornout” tra scissione e respiro
Un sé frammentato
Come “guidare” noi stessi? Cosa siamo? Chi siamo? Domande ataviche, come atavica, per certi versi, è la percezione che abbiamo di noi stessi. Tutti l’abbiamo provata, quella sensazione strutturale che comanda il nostro agire, una nota caratteriale che chiamiamo identità. Talvolta così forte da volerla rifuggire, rifiutare, quindi distaccarsi, scindersi.

Severance
In italiano “scissione”, severance è una serie televisiva le cui puntate della seconda stagione sono ora in corso. Dopo aver visto e molto apprezzato la prima stagione, mi sento di individuare l’idea della serie come fil rouge del ragionamento fatto fin ad ora e utilizzarla per abbozzare delle conclusioni. Di seguito muoviamo il filo della serie.
Due memorie
E se un’impresa privata dalle finalità oscure offrisse lauti pagamenti in cambio di una sperimentazione? Ci svegliamo, facciamo colazione, andiamo al lavoro, ed entrati in ascensore col nostro badge, ne usciamo nello stesso corpo ma con una memoria cambiata, in un certo senso non siamo più noi, siamo scissi dalla persona che siamo nella vita privata, e viceversa.

Pillola rossa o pillola blu
Accetteremmo? Io no, per paura di perdermi e perché credo nella ricerca di un’armonia del sé … comunque c’è chi lo farebbe, chiaro, d’altronde c’è chi forse scisso lo è già, … già, un po’ tutti probabilmente. Chi non si è mai sentito altrove perché immerso nei suoi pensieri o perché dentro uno schermo digitale?
La sfida
La sfida è un sentire comune e quotidiano, ci barcameniamo tra il non portare il lavoro a casa e il non portare i problemi di casa al lavoro, ma perché? Stanti la separazione degli obiettivi e degli intenti che gli ambienti accolgono, che bisogno c’è di lasciare indietro la propria umanità? Invece, questa può essere l’ingrediente essenziale per tornare al vero bisogno, un’intelligenza umana in grado di unire anziché dividere.
Una sensazione di respiro
Quella sapienza che riconosce che siamo formati da più parti ma allo stesso tempo, in sostanza, siamo uno solo. Perché se mi ricordo che non sono una macchina performate, ma un umano tanto ricco quanto limitato, allora la quotidianità non mi esaurisce più, mi nutre, cambia la percezione iniziale di esaurimento: “… ora ce la faccio!”.