142 anni fa nasceva l’artigiano della musica novecentesca
Considerato tra i massimi compositori del XX secolo, il genio artistico di San Pietroburgo lascia la propria impronta musicale su ciascun genere sperimentato. Elemento peculiare del suo spartito, quello di acquisire modelli storici ben definiti e ripensarli in nuovi timbri e armonie.
Lomonosov
Secondo il vocabolario Treccani, l’artigiano è colui che “esercita un’attività (anche artistica) per la produzione (o anche riparazione) di beni, tramite il lavoro manuale proprio …, senza lavorazione in serie”.
Una fotografia, più che una definizione, che sembra cogliere Stravinskij seduto al pianoforte.
Che lo si ritrovi ritratto a Lomonosov (sua cittadina natia), Parigi, Svizzera o New York, il compositore russo non manca mai di tracciare il pentagramma con il particolare strumento a rotelle di sua invenzione, per poi arricchirlo di toni e semitoni studiati in modo minuzioso.
Approccio sartoriale
Oltre a un approccio sartoriale per ognuna delle 110 composizioni e 14 arrangiamenti realizzati nella sua carriera artistica, Stravinskij si avvale degli accenti, della de-contestualizzazione melodica e della geometria quali elementi indispensabili per esprimere la propria idea di musica.
L’accento russo
Se oggi milioni di persone riempiono i teatri di tutto il mondo per ascoltare i primi capolavori di Stravinskij, lo devono alla cultura popolare russa.
Seppur il maestro dimostri talvolta un rapporto controverso con la società (l’unione matrimoniale con la cugina nel 1906 viola un provvedimento governativo) e sia contrario allo scoppio della Rivoluzione d’ottobre, Stravinskij attinge dal folklore sovietico durante il periodo artistico parigino. Balletti quali Uccello di Fuoco (1910), Petrùska (1911) e Sagra della Primavera (1913) sono ispirati agli anni della fanciullezza del compositore, dove quest’ultimo entra in contatto anche con le melodie bielorusse e lituane.
Gli accenti
Un’influenza popolare e, per certi versi pagana, che viene rielaborata da Stravinskij attraverso un gioco di accenti, di cui l’artigiano musicale si diletta a cambiarne posizione all’interno dei metri.
Il risultato è uno scherzo all’udito dell’ascoltatore, il quale ha la falsa impressione di confrontarsi con un indefinito numero di metriche, quando in realtà Stravinskij ne compone e dirige sempre la medesima.
Effetti sonori
Gli accenti mobili, uniti alla plurima ritmicità e alla sovrapposizione di accordi con tonalità diverse, elevano il ruolo della musica da semplice corollario del balletto a co-protagonista della danza.
Effetti sonori e scenografici presenti soprattutto nella Sagra della Primavera che, in occasione della prima (la sera del 29 maggio 1913), divide la platea del Theatre des Champs-Elysèes tra apprezzatori e contestatori.

La decontestualizzazione melodica
Lo scoppio della Prima Guerra Mondiale, e il conseguente rifugio in Svizzera, segnano l’arte di Stravinskij. Quest’ultimo, infatti, amplia l’orizzonte delle proprie composizioni e accosta alla tradizione russa i primi tratti di influenza occidentale.
Ne danno evidenza Storia di un soldato (un settetto scritto dal maestro nel 1918) e l’apertura nei confronti della musica Jazz, di cui Stravinskij diviene principale portavoce in Europa.
Gli anni del conflitto
Sono l’entree di benvenuto per la portata principale del musicista sovietico, ossia la decontestualizzazione della melodia. Con il balletto Pulcinella (1920), infatti, Stravinskij attinge dalla musica di Giovanni Pergolesi per poi riscrivere la composizione secondo “il suo personale timbrico e armonioso” (Enzo Restagno, musicologo).
L’opera rompe uno dei principi più importanti della saggistica e musicologia dell’Ottocento e Novecento, ossia l’originalità.
Tratto, quest’ultimo, che contrappone la filosofia del direttore d’orchestra russo dall’altro compositore di riferimento dell’epoca, l’austriaco Schònberg. Se per un trentennio Stravinskij recupera la fase neoclassica (sinfonie, balletti, opere liriche) e le dona una linfa fresca e personale, Schònberg è l’incarnazione del pensiero hegeliano tesi-antitesi-sintesi, secondo cui il progresso, e di conseguenza anche la musica, non può recuperare dalla storia.
In sostanza prende vita l’acceso confronto tra la tonalità, di cui si fa portabandiera il primo e la dissoluzione armonica, tipica della scuola di Vienna.
La geometria
Dal 1950 si apre l’ultima fase musicale e di vita di Stravinskij. Quella che lo vede comporre per lo più negli Stati Uniti, tra New York e Hollywood.
La produzione artigianale del direttore d’orchestra inserisce all’interno del suo bagaglio culturale lo stile dodecafonico, attraverso il quale il maestro russo non si pone l’obiettivo di descrivere fenomeni esteriori, quanto di rispecchiare la struttura geometrica del cosmo.
Ispirazione religiosa
Ad inaugurare questa nuova stagione melodica è Threni (1958), una cantata di forte ispirazione religiosa e cattolica.
In un’intervista rilasciata nel 1957 al suo assistente Robert Craft, Stravinskij concorda con la definizione di musica rilasciata da Schopenhauer, secondo cui i suoni musicali formano un universo, che la mente umana cerca di tradurre riportandolo all’ordine.
Ritmi e tempi a ritroso
Da un punto di vista tecnico, l’artista sovietico mira a dipingere melodie che sappiano sfruttare tutte le possibili note, declinazioni e sfumature degli strumenti musicali. Ed ecco che sui pentagrammi compaiono ritmiche e tempi a ritroso, per cui le note d’apertura di un rigo compaiono alla fine del medesimo in un percorso continuo alla ricerca dell’ordine cosmico.