L’intelligenza non è innata, la si costruisce nel tempo, da piccoli, attraverso le esperienze e soprattutto attraverso le persone.
Il ruolo degli educatori, primi fra tutti genitori, è fondamentale per apprendere.
Reuven Feuerstein definiva i genitori i primi “mediatori” dei figli, ovvero i primi educatori con il ruolo di stimolare l’apprendimento. E per lui c’era un’enorme differenza tra ciò che si apprende da soli e ciò che si apprende attraverso un mediatore.
La Pedagogia della Mediazione di Feuerstein ci insegna che gli stimoli devono penetrare un individuo e lasciarvi un segno indelebile, per essere poi riutilizzati dal “mediato” più e più volte, anche in autonomia. Il vero apprendimento avviene attraverso la mediazione non attraverso l’incontro casuale con gli stimoli.
Dunque i genitori, i primi mediatori dei figli, hanno una grande responsabilità nell’apprendimento: possono elevare l’intelligenza sin dalla più tenera età proponendo loro le più diverse esperienze. E non c’è come il gioco che favorisce l’apprendimento.
Giocare imparando sviluppa la mente e la rende più permeabile alla curiosità e alla creatività, più elastica e in grado di sviluppare adattamenti.
I genitori devono pertanto rinunciare più frequentemente all’uso di dispositivi tecnologici in famiglia (cellulari, tablet, pc) per dedicare molto più tempo a stare con i figli a giocare con gli oggetti più particolari che stimolino l’intelligenza. Più i giochi sono semplici e sono anche non-giochi (esempio, pigne, tappi di sughero, cucchiai, ecc…) e più viene stimolata la fantasia sollecitando tutti i nostri cinque sensi.

Il gioco simbolico è un gioco altamente stimolante per lo sviluppo intellettivo ed emotivo perché permette al bambino di mettere in bocca a dei personaggi inventati delle parole/frasi che ha sentito o che pensa essi possano dire (il personaggio della nonna, del papà, ecc..). Può ricreare situazioni vissute nel gioco simbolico svuotando il sacco delle proprie emozioni, imparando a parlarne dentro un gioco e giocandovi sopra, proprio perché una situazione vissuta nel bene o nel male diventa un gioco e in esso vi si può trovare un senso. Ma il gioco simbolico serve anche ad apprendere delle autonomie: come fare benzina alla macchina, cosa si chiede in posta, come si può fare una telefonata per prenotare un tavolo al ristorante.
Il gioco è anche occasione per apprendere concetti e relativi vocaboli importanti riguardanti ad esempio forme, colori, quantità, dimensione, orientamento, nomi delle emozioni, nomi di professioni, ecc.
Nel gioco si imparano quindi i vocaboli, si costruiscono le frasi e si sviluppa l’empatia. Se fatto con i genitori, si prova il piacere di apprendere attraverso il benessere emotivo che vede il genitore investire il bambino di tutta la sua stima e il suo amore nello sviluppo del suo apprendimento. L’empatia viene sviluppata mettendosi nei panni dell’altro con il quale si gioca o dei personaggi immaginari che insieme si creano per giocare.
Prendersi il tempo per giocare insieme genitori e figli stringe i legami, suscita sentimenti di attaccamento unici che rimarranno per sempre nella mente sia del bambino che dei suoi genitori. Non è mai tempo perso ma anzi guadagnato quello dedicato con costanza ogni giorno al proprio figlio.