Venceslao Moguel Herrera, conosciuto come El Fusilado, è uno di quei personaggi che sembrano usciti da un libro di avventure per diventare oggetto di una canzone popolare e infine di una leggenda. La sua storia però è vera, dannatamente vera.
Non ci credevo, pensavo fosse la solita storia inventata da qualche idiota in libera uscita sul web. Ci sono fotografie, interviste e ricostruzioni storiche. Venceslao è messicano, è accusato di aver partecipato alla rivoluzione, è condannato alla pena capitale senza un processo. Questa la sintesi della storia ma solo della prima parte.
La seconda parte della storia è questa. È fucilato da un plotone di esecuzione ma non muore. È colpito alla testa con il colpo di grazia, el tiro de gracia, ma sopravvive.
La rivoluzione messicana
Contestualizziamo l’intera vicenda. Accade durante la Revolución Mexicana (1910–1920), uno scontro sociale e politico aspro e complesso, una delle prime rivoluzioni del XX secolo nata per ribellione al regime autocratico di Porfirio Diaz. Famosi sono alcuni dei suoi massimi protagonisti: Emiliano Zapata, Pancho Villa e Venustiano Carranza. In questa fase storica bastava un niente, un sospetto magari costruito ad arte per finire uccisi.
El tiro de gracia
Fonti storiche ritenute attendibili vogliono Moguel arrestato a Mérida, nello Yucatán, il 18 marzo 1915. Segue l’accusa di essere un ribelle. Nessun avvocato difensore, solo giudice e accusa sedute sullo stesso scranno. Da lì a poco è accompagnato senza molti riguardi davanti a un plotone di esecuzione che gli spara otto volte. Il comandante del plotone gli spara un nono colpo alla testa, il cosiddetto tiro de gracia.
Forse per miracolo o grande fortuna Moguel non muore, per lo meno nel corpo. Il racconto dice che, dopo ore di sofferta incoscienza, striscia per ben tre isolati sino alla chiesa di San Giacomo Apostolo. Qui un prete lo trova agonizzante e si prende cura di lui in segreto. I proiettili, forse per scarsa abilità dei soldati o per un loro estremo accesso di pietà, non avevano colpito organi vitali né provocato emorragie mortali.
La fotografia
Esiste una foto, scattata da un reporter della The Associated Press, che immortala Moguel con il volto sfigurato e un foro di pallottola alla mandibola. La foto fu scattata in occasione di una intervista radiofonica trasmessa nel 1937 da Ripley’s Believe It or Not! – un programma americano allora molto famoso dedicato a fatti incredibili ma veri.

La cronaca del tempo ci racconta infine che Moguel visse e lavorò a lungo a Mérida dove morì nel 1976. Alcuni storici locali, tra cui Luis Ramirez Aznar, che ha scritto ampiamente sulla storia dello Yucatán, hanno confermato elementi della sua vicenda in articoli pubblicati sul quotidiano Diario de Yucatán.
Moguel si è preso, oltre a 9 proiettili, anche qualche piccola soddisfazione. Diventa infatti il protagonista di una canzone, intitolata “El Fusilado”, interpretata da un gruppo anarchico britannico Chumbawamba. La canzone è inserita nel loro tredicesimo album: “The Boy Bands Have Won” e poi reinterpretata dai Longest Johns nel 2024.
Resistenza oltre ogni limite
Quella di Venceslao Moguel Herrera è non solo la prova, qualora servisse, della brutalità della rivoluzione messicana, ma anche la testimonianza della sorprendente resistenza del nostro corpo e della nostra volontà. Moguel ha sconfitto i proiettili e, insieme a loro, un sistema crudele che non prevedeva possibilità di appello.
In un’epoca in cui la morte era veloce e impersonale, Moguel è diventato un simbolo vivente – un promemoria che a volte, anche nelle peggiori circostanze, la vita si rifiuta di arrendersi.
Chapeau!