In una campagna elettorale che stenta a decollare con un costante pensiero, da parte dei leader politici in campo, e cioè quello di azzuffarsi sul nulla, o quasi, c’è una piccola regione italiana, la Basilicata, che sembra il Klondike, dove personaggi di spicco della politica nazionale concorrono alla carica di onorevole o senatore della Repubblica, rinunciando, così per modo di dire, a una candidatura presso i propri territori di nascita e tradizione. Comunque, tra i candidati lucani “rimasti”, per il Senato, c’è Marcello Pittella, già governatore della regione che, insieme al fratello, ex Vicepresidente del Parlamento Europeo e senatore, Gianni, tutti si aspettavano a supportare le liste del Partito Democratico e che invece ritroviamo tra le file di Azione. A Gianni Pittella, politico di lungo corso che attualmente ricopre la carica di Sindaco del proprio comune, Lauria, abbiamo rivolto alcune domande per cercare di capire come si arriverà al voto del 25 settembre prossimo e gli eventuali scenari che si prospetteranno per il popolo italiano.

Senatore Pittella anche se lo ha chiaramente spiegato in un lungo post su FB, le chiedo ancora, perché ha deciso di lasciare il Partito Democratico o, se vogliamo, perché il PD ha deciso di non “investire” più su di lei?
Due premesse. Prima, io del PD sono stato tra i fondatori e ho corso anche per la guida nazionale del partito. Seconda, avevo già annunciato pubblicamente due anni fa, ribadendolo nel corso di quest’anno, che non mi sarei ricandidato Senatore, avendo avuto un lungo e felice corso di mandati parlamentari nazionali ed europei e avendo deciso un anno fa di rispondere al richiamo della mia comunità di Lauria (in provincia di Potenza ndr) che mi chiedeva di fare il Sindaco.
Queste premesse per dire che, per un verso, uscire dal PD non è stata una scelta compiuta a cuor leggero, per un altro che non ci sono ragioni di convenienza personale dietro questa scelta. Anzi, aggiungo, che la scelta che ha compiuto mio fratello Marcello e che sostengo in maniera convinta, non è una scelta opportunistica ma è una scelta coraggiosa, difficile e che i cittadini premieranno proprio perché coraggiosa e difficile. Il Partito Democratico ha smarrito la via del riformismo e delle garanzie, nel tentato e oscillante abbraccio massimalista con i 5Stelle e le sinistre radicali. La stessa messa all’angolo di Marcello Pittella, dopo quello che ha subito, è il segno di una considerazione insufficiente nel rapporto tra diritti e garanzie e di una parimenti scarsa considerazione dei territori e delle comunità locali.


Questa campagna elettorale stenta a decollare nei termini che ci dovremmo aspettare. Esistono dei motivi specifici, secondo lei, per i quali dalle segreterie dei partiti in campo, non vengono fuori temi programmatici, per cosi dire, “attraenti”, per i cittadini?
Diciamola per come è: di queste elezioni anticipate non v’è un cittadino che avvertiva il bisogno. L’autorevolezza di Mario Draghi alla guida del Paese ci stava conducendo fuori dalle sabbie mobili della crisi sanitaria e della crisi economica conseguente, con un Pil in crescita del 6%, un piano avanzato di riforme e interventi programmati di spesa del PNRR. Cosa decide di fare certa politica? Scommettere sul proprio piccolo tornaconto, mandare Draghi a casa e portare il paese alle urne in piena estate con una guerra in corso e una crisi energetica gravissima. Poi ci meravigliamo che tra i cittadini la campagna non decolli. Il problema che sto cercando di spiegare in tutti i modi è che il tunnel in cui siamo infilati ha dei responsabili precisi, 5Stelle, Lega, Forza Italia e Fratelli d’Italia.
E che invece, se con Calenda avremo un risultato importante, Draghi e la sua agenda torneranno centrali nelle scelte del Paese.


Da profondo conoscitore della politica italiana e, mi permetta, ancor di più di quella europea, a cosa andremo incontro nel caso di affermazione, come prevedibile, dello schieramento di Centrodestra?
Una parola basta: inaffidabilità. Questa destra-centro (il centro nel centro destra è quasi scomparso) non ha alcuno standing internazionale, nessuna credibilità, né per i mercati e gli investitori internazionali, né per la Nato, né per l’Unione europea.
Meloni e Salvini sono stati, a corrente alternata, antieuropei e antieuro, alleati politici di Putin e dei partiti nazionalisti dell’Est Europa, statalisti sul piano economico e tiepidi se non contrari all’estensione delle libertà civili. Il rischio è che tutto questo significhi un attacco speculativo all’Italia gravissimo e, in ogni caso, una incapacità negoziale sui principali dossier internazionali.



Il Partito Democratico, è evidente, che pur affermandosi con una percentuale di voti apprezzabile, non potrà governare da solo o con i partiti attualmente in coalizione. Il centro “calendo-renziano” quanto potrà essere determinante il 26 settembre prossimo?
Il PD ha fallito la sua scommessa di vocazione maggioritaria e non riesce a superare la soglia del 22/23%. Pure la sua coalizione non supererà di molto quella soglia e ciò che indica, è che non riesce a rappresentare una risposta adeguata per larghi settori dell’elettorato. Il Terzo Polo di Calenda e Renzi può intercettare un voto ragionato, in libera uscita dai due poli o che sarebbe stato tentato dall’astensione, non trovando un’area moderata e riformista seria e credibile.

Infine una domanda legata al territorio della Basilicata di cui lei è uno dei rappresentanti più autorevoli: con la diminuzione della rappresentanza parlamentare che vede questa regione fortemente penalizzata, come vede il futuro della politica lucana anche in virtù del fatto che lei, oggi, ha scelto di fare il sindaco della sua città e, dunque, ha scelto di restare ad amministrare il suo territorio?
Una delle ragioni che rende credibile la candidatura di Marcello Pittella e anzi, aggiungo, una delle ragioni che ha indotto Marcello e tutti noi a impegnarci in questa battaglia è che lui, al contrario della quasi totalità degli altri candidati degli altri partiti di destra e di sinistra, tra i cittadini lucani c’era ieri e c’è oggi. Veda, è davvero un esercizio difficile e appassionante stare nella propria comunità, rispondere a centinaia di sollecitazioni al giorno, occuparsi di problemi di generale sviluppo o di piccola amministrazione dei nostri territori. E oggi da Sindaco posso dirlo con ancora maggiore cognizione. Le radici, la rappresentanza “dal basso”, sono l’unico antidoto al populismo e all’antipolitica e i cittadini lucani premieranno, oggi alle politiche e domani alle regionali, chi non viene a fare turismo politico qui da noi ma è immerso, mani piedi, tra i problemi della gente.
