La narrativa del Nostos, il topos del ritorno, ha una tradizione antica ed eccellente nella letteratura. Su questo paradigma Antonella Casaburi istalla il suo romanzo, Mirari, che è la storia di un ritorno coniugato col viaggio, altro topos legato al precedente per assoluta prossimità semantica. È il viaggio di ritorno di Giulia, la protagonista, una giovane originaria del Cilento, che vive a Roma dove studia all’Università. Ha ereditato una vecchia casa e ora, a bordo di un lento intercicy, “viaggia” in compagnia di cinque sconosciuti, verso una terra e una casa, per le quali non ha nessuno interesse. Ha già una proposta di vendita e sta andando a perfezionare il contratto, così potrà tornarsene a Roma, anche con un po’ di soldi. Ma il viaggio apre altri destini e altri percorsi, non tracciati, che impongono scelte, come dice Umberto Eco nell’ex ergo citato dall’autrice “Anche quando in un bosco non ci sono sentieri tracciati, ciascuno può tracciare il proprio percorso decidendo di procedere a destra o a sinistra di un certo albero e così via, …” (Umberto Eco, Sei passeggiate nei boschi narrativi).
La ragazza sceglie, non senza ripensamenti e lottando anche contro una sua caratteriale ostinazione, sceglie, appunto, di addipanare un’altra trama per la sua vita, intessendola con i sogni e i progetti di quei cinque compagni di viaggio, che non restano sconosciuti ma, una volta scesi dal treno, si disperdono e si ritrovano e che, attraverso una serie di vicende alternative alla loro prevedibile quotidianità, si fondono in un gruppo felicemente complottardo, affascinati dalla bellezza della terra del Cilento, terra selvaggia di miseria e di spopolamento, ma anche di antica civiltà, di filosofia e di arte. Sicuramente è la storia di una vita possibile se ha il coraggio di oltrepassare gli schemi di una tradizione pressoché immobile, dove la donna non ha molte chances decisionali e dove si continua a piangersi addosso e ad andarsene, assecondando il culto dell’altrove. È quello che avrebbe fatto Giulia se non avesse scoperto la seduzione della bellezza artistica e della cultura che nei secoli i suoi predecessori avevano elaborato nel Cilento, se non avesse accolto la proposta di solidarietà appassionata dei suoi nuovi amici.
Il romanzo è condotto con uno stile narrativo lineare nel suo andamento correttamente cronologico, dove i fatti si succedono con il ritmo antico della fiaba. La situazione iniziale, il viaggio in treno su cui è elaborato l’incipit, propone una condizione di stabilità sulla convinzione di Giulia di tornare in questo posto dove va a compiere senza alcun dubbio l’azione della vendita. Nello stesso tempo introduce progressivamente i personaggi che si sveleranno nel seguito della narrazione con sapiente maestria. La seconda fase, secondo quanto indica Propp nei suoi studi sulla struttura della fiaba, è quella della complicazione che in questa narrazione si definisce chiara, realistica e senza sconti, anche se la narratrice si lascia uno spiraglio su cui mandare avanti la procedura narrativa. Il rozzo contadino Giovanni, una specie di nume tutelare, è anche lui un filo conduttore, insieme alla progressiva scoperta del valore della famiglia, oltre che della proprietà di Giulia, perfidamente occultato dai furbi acquirenti, ma anche della bellezza del ritrovamento delle radici, della solidarietà e dell’ospitalità proprie dell’identità della gente del luogo.
Cosicché l’andamento da fiaba procede attraverso le inquietudini e le peripezie della protagonista nel contesto corale delle azioni degli altri personaggi e si scioglie con un iter eu/forico nella decisione finale che sfocia nel consolidamento dell’amore inquieto di Giulia e Paolo e nella solidarietà gioiosa dei cinque, anzi sei viaggiatori iniziali, che ora sono diventati soci di un’attività di cultura e di ristorazione. È sicuramente un auspicio e un messaggio per cui la terra del Cilento può trasformarsi da terra matrigna a terra che offre in fruizione un’ antica e nobile cultura, nel culto dell’ospitalità celebrata con i piatti schietti e profumati della dieta mediterranea.