Le parole sono purtroppo un mezzo troppo empirico per trasmettere le emozioni.
Mi sono sempre chiesto perché l’eroismo di Salvo D’Acquisto sia impresso così profondamento nella memoria collettiva italiana. Certo molto più di altri gesti eroici e nomi famosi di cui la nostra storia è piena. Eroismi di santi, di combattenti, di scienziati, di grandi donne e di grandi uomini.
Quali sono le ragioni che rinnovano costantemente la memoria del gesto e dell’uomo, quale motivazione alimenta queste ragioni?
Forse mi sbaglio, troverete il modo di farmelo sapere. Credo siano due le ragioni, semplici e coincidenti a formare una miscela potente. La giovane età e l’appartenenza all’Arma dei Carabinieri.
La giovane età. Ci colpisce al cuore, allo stomaco e rimbomba nel nostro cervello. Ventidue anni, una vita appena fiorita, amori da vivere, sogni da sognare, progetti incredibili da pensare e costruire, ambizioni ancora adolescenti. Amici con cui ridere spensierati, abbracci maliziosi, affetti ancora caldi che legano alla famiglia che sembra impossibile anche solo immaginare possano venir meno. Come si può scientemente, consapevolmente crudelmente rinunciare a tutto questo? Non riusciamo a capire, a farcene una ragione e proprio per questo lo amiamo imbarazzati.
E lo amiamo sempre di più, mentre il tempo trascorre e ci offre la visione di una società in cui giovani incapaci di dare si crogiolano nei loro egoismi, vivono di nottate e di happy hour a cui fanno fatica rinunciare pur sapendo che tornando a casa potrebbero infettare nonni, genitori e chissà chi altri. Li abbiamo visti, tutti e recentemente.
Allora Salvo ci sembra ancora più grande nel suo sacrificio gentile, irreversibile che gli ruba non un istante di movida ma una vita potenzialmente lunga e felice.
L’Arma dei Carabinieri. Potrebbe bastare solo questo. L’Arma è amata da sempre. In lei vediamo il rigore militare trasformarsi in bonaria protezione, in presenza certa e affidabile, in senso dell’onore che vorremmo maggiormente si diffondesse per le strade ormai troppo violente. La sentiamo nostra, la vogliamo forte e impegnata, la desideriamo sempre vicina e non la perdoniamo quando sbaglia.
E anche qui il tempo trascorre ma offre uno scenario ben diverso. È arrivato galoppando il progresso con una rapida evoluzione tecnologica che ha reso l’Arma più forte, efficace e ancora più riferimento in tutti i campi di contrasto al crimine.
La motivazione. È nel gesto stesso, tranquillo senza concitazione. Rapido ma ponderato, calcolato freddamente sino alle sue estreme conseguenze. Irreversibile nonostante potesse essere diverso, indifferente ed esterno alle responsabilità.
Ma aiutiamo ora chi forse non conosce la storia di Salvo e del suo grande gesto e che quindi ancora non può condividere l’emozione del ricordo.
Salvo d’Acquisto nasce il 15 settembre 1920 a Napoli. Nel 1940 si arruola nei Carabinieri, allora solo un corpo di polizia militare italiano. È inviato in missione a Tripoli per due anni. Nel 1942 torna in Italia e segue con successo un percorso accelerato per diventare vicebrigadiere.
Arriviamo di corsa al 22 settembre 1943. L’Armistizio tra Italia e gli Angloamericani è stato proclamato pochi giorni prima. I tedeschi sono diventati improvvisamente nemici e da tali si comportano senza risparmiarsi.
È sera e presso una caserma abbandonata che rientra nella zona di competenza del vicebrigadiere avviene un incidente. Alcuni soldati tedeschi provocano involontariamente l’esplosione di una bomba a mano. Un tedesco muore. Il comandante dell’unità tedesca pensa sia stato un attentato organizzato ai loro danni, infuriato si reca alla stazione dei carabinieri di Torrimpietra dove trova Salvo D’Acquisto a cui ordina di cercare i responsabili.
Salvo invano prova a spiegare l’accaduto al comandante tedesco che non si placa e ordina un rastrellamento. In poco tempo i nazisti catturano 22 persone. Le trascinano alla base della Torre di Palidoro e si preparano a fucilarle per rappresaglia.
Salvo corre alla Torre, ancora tenta di chiarire, spiegare che di attentato non si tratta ma di pura fatalità. La supplica non riesce e la vita dei 22 innocenti ormai vale più nulla. D’improvviso è consapevole, nulla si può più fare e allora senza indugiare, con grande determinazione e tranquillità decide di compiere l’unica azione che gli rimane. Si accusa dell’incidente, del supposto attentato.
23 settembre 1943, il destino si compie. La sua fucilazione non abbatte un nemico ma crea un eroe senza tempo, fissa il suo nome in modo indelebile nella storia del coraggio e dell’altruismo, ne fa un simbolo eterno di lotta all’oppressione e alla violenza.
Grazie Salvo, ancora grazie.
Foto di copertina, Wikipedia: foto del vicebrigadiere dei carabinieri Salvo D’Acquisto