Un pezzo di mondo cadeva a pezzi. Nasceva un uovo mondo.
La cortina di ferro del muro, iniziata nel 1961, andò in frantumi. Un altro mondo nasceva e si costruiva un futuro. Nella metà dell’Europa dominata dai sovietici si cominciava a tremare e pochi sembrarono badarci. I regimi comunisti, sotto la spinta della gente comune europea pacifica, si stavano sgretolando. Il 1989 fu l’anno che cambiò la fisionomia dell’Europa e del mondo.
In Polonia si scioperava duramente, in Germania Orientale la dissidenza cresceva, in Cecoslovacchia gli arresti politici si susseguivano e in Ungheria gli scossoni proseguivano, ma la vita nel Vecchio Continente scorreva come sempre.
A Mosca si parlava di perestroika e di glasnost e a Washington, Bush padre, prestava giuramento come Presidente degli Stai Uniti d’America.

Le scosse aumentavano d’intensità, i muri si sgretolavano e i governi comunisti vacillavano. Il primo governo filo sovietico a cadere fu quello polacco, seguito da quello ungherese e poi da quelli dei tre Paesi Baltici (Estonia, Lituania, Lettonia).
In Germania Orientale (Ddr) cadde il governo e il 9 novembre fu abbattuto il muro di Berlino. A seguire vennero rovesciati i governi di Bulgaria, Romania e Cecoslovacchia. Negli anni immediatamente seguenti, il terremoto della caduta sovietica in Europa sconvolse anche l’Albania e la Jugoslavia. Le Repubbliche Baltiche sancirono definitivamente il loro all’allontanamento dell’URSS (l’Unione delle Repubbliche Socialiste Sovietiche).
Alla fine del 1989, l’intera linea sovietica in Europa era caduta. In un lampo tutto cambiò. Il fallimento della politica comunista dell’Unione delle Repubbliche Socialiste Sovietiche si frantumò così improvvisamente e con una tale rapidità che, nel corso della storia, non vi è memoria di altri grandiosi imperi dissolti in così breve tempo.
Tutto era cambiato. Oggi non è più così.