La pandemia senza confini e senza limiti territoriali ci ha messo paura, ci ha obbligati in numerose quarantene all’interno di recinti e restrizioni territoriali.
Le guerre (Ucraina, ma non solo) ci mostrano brutalità di morte e spostamenti territoriali di truppe e mezzi militari da una parte all’altra di confini, ormai non più precisi e non più difendibili.
Pandemia da COVID-19 e guerre ci travolgono con disegni inediti, mappe colorate e cartografie di ogni tipo. La geografia (e la geopolitica) è tornata prepotentemente attuale e non è più come la conoscevamo prima, soprattutto oggi ci mostra spazi, misure e tempi inediti che non sapevamo. I confini statutali moderni non sono più propriamente uniformati, allineati e non coincidono come li avevamo conosciuti. Internet è la nostra maestra. Un’insegnante senza superficie, senza tempo e senza distanze quantificabili. Lo spazio non conta più nulla. Tutto è veloce, tutto è cambiato, la rete propone nuove configurazioni e ci insegna come la distanza fisica e territoriale è nulla perché siamo tutti globalizzati, interconnessi, vicini. La percezione del mondo e dei confini è cambiata. L’intuizione dei confini dello Stato moderno centralizzato è diversa, la sua configurazione territoriale non è più una mappa geografica metrica standard su cui calcolare distanze spaziali e temporali. Oggi la geografia dello Stato (e il nostro globo terracqueo) è diventata incerta, è concepita come una nuova tavola continua, un nuovo piano omogeneo che spesso non considera la presenza di persone, culture e della loro capacità di cambiare lo stato dei fatti. Dove la capitale storicamente e spesso, era al centro dello Stato perché modello di riferimento geometrico classico della disposizione del territorio e difficile da conquistare. Oggi appare aggredibile, instabile e non più sicura. Prima riportavamo lo Stato e le capitali come riflesso di un modello cartografico preciso, equilibrato ed allineato.
Oggi, un eventuale nuovo modello geopolitico nasce di parto volontario?
Le guerre di oggi modificano i concetti dei confini geografici classici contro le volontà statali dei popoli residenti?
Ma se un nuovo modello geografico avanza, come interpretare l’invasione, oppure l’operazione speciale, del Presidente Putin in Ucraina, basata sul precedente modello geografico storico in cui un territorio era un antecedente possedimento sovietico basato anche sulla somiglianza fisiognomica e linguistica? E con un passo indietro, allora, come considerare l’invasione del 1938 in Austria di Hitler fondata sulla “semplice” similitudine linguistica?
Le guerre sono antiche, rispondono a logiche di potenza statali ed a vigorose volontà di cambiare i confini delle mappe. Esaudiscono il desiderio di riempire gli spazi cartografici lasciati vuoti per svariati motivi, ad esempio rigidità climatiche, territori impervi, terreni incoltivabili, città sovraffollate, povertà alimentare, economica… di fatto oggi stiamo vivendo un periodo di cambiamenti e contraddizioni. La geopolitica, con la sua persistente passione e con la sua fortuna, spesso controversa e concentrata sulla cartografia delle mappe, oggi è sotto tiro. Oggi, proprio partendo da qui è possibile criticare l’abuso del concetto instancabile di geopolitica?
La geopolitica insegna, spiega, è benvenuta. È utilizzata da commentatori, esperti e riviste per fare analisi di politica estera internazionale e studiare i rapporti di forza fra Stati, le loro decisioni, l’utilizzo delle risorse e la definizione di obiettivi materiali. Se fosse davvero così allora la geopolitica è anche utile per capire e leggere le guerre in corso nel mondo (Ucraina compresa), ma al contempo non è sufficiente perché fornisce interpretazioni parziali, astratte, meccaniche e non spiega altre relazioni più complesse. Questa problematicità si manifesta proprio perché la storia della geopolitica propone un destino limitato alle popolazioni, una fatalità ristretta dalle limitazioni territoriali. Perché prova a spiegare il mondo ricorrendo alle mappe e alla “pura e semplice” cartografia. La geopolitica e la sua dimensione territoriale, oggi così intesa, limita la volontaria libertà di movimento e la possibilità alle popolazioni di muoversi e trasferirsi territorialmente?
Oggi la geopolitica, attraverso le mappe, ha generato chiusure, rigidità di interpretazioni e non va oltre. Ci spiega “solo” cosa accade nel mondo e così facendo, la rappresentazione del mondo attraverso le cartine, non chiarisce i problemi dell’umanità, i suoi movimenti da un posto ad un altro, non interpreta le guerre come conquista contrapposte alle libere volontà di rimanere nel proprio territorio. Ci dice poco sulle migrazioni e sulle immense immigrazioni. Non parla della cooperazione, delle organizzazioni, delle idee, dei cambiamenti, delle trasformazioni sociali, di cosa accade all’interno degli Stati, della complessità dei conflitti ed infine rischia di non interpretare le diverse posizioni politiche in merito al concetto di “interesse nazionale”. In buona sostanza è utile, affascinante, avvolgente, ma a volte trascura elementi di analisi profonda ed è condizionata da interessi nazionali e influenze “geografico-governative” degli Stati. Spesso legittima le guerre giustificandola con il consolidamento del Paese e la difesa ed il mantenimento dei propri confini.
In alcuni momenti storici la geopolitica è stata anche “il randello” unilaterale propagandistico usato da regimi autoritari e dittatoriali. Oggi ci troviamo di fronte ad un’impasse storico-geografico? Uno stallo necessario per uscire e interpretare il mondo nuovo in arrivo.
Servirebbe uno schema “obliquo”, che si scosti da quello cartografico; un nuovo modello profondo forse ancora da creare e basato su logiche di interpretazione “umana”, non solo geografica di confini e linee tracciate su mappamondi.