17 marzo 2024: San Cipriano d’Aversa-Casapesenna-Casal di principe in marcia contro la camorra.
In una terra abituata al ricatto silente delle mafie, dove il “clan dei casalesi” ha addirittura rubato l’identità ad un popolo che faceva fatica a presentarsi oltre i confini comunali senza che lo stigma corresse più veloce della geolocalizzazione, è un segnale enorme.
Un segnale
È un segnale enorme perché in prima fila c’erano le istituzioni di tanti comuni della provincia di Caserta, cinte da fasce tricolori che avvolgevano i sindaci, un messaggio semplice e rivoluzionario. Il verde, il bianco e il rosso nella bandiera italiana, simbolo di amore per la natura, di purezza e passione per la propria terra.
Don Peppe Diana
Proprio di bianco colorate erano le lenzuola stese sui balconi di Casal Di Principe il 19 marzo del 1994, il giorno del funerale di Don Peppe Diana, parroco apertamente schierato contro i clan, perché se ci arrestassimo ad osservare un fermo immagine di questa fetta di territorio negli anni 80’ o 90’ fino ad arrivare all’inizio degli anni 2000.
I terreni sequestrati
In una sorta di disallineamento onirico-cromatico non faremmo fatica a riconoscere nel verde gli ettari di terreno sequestrati a causa dello sversamento di rifiuti tossici, e nel rosso il sangue versato nei decenni di faide interne.
Ci sono voluti 40 anni di soprusi, morti ammazzati, terre avvelenate, retate, maxi processi, e nel mezzo i sogni soffocati di due intere generazioni.
I giovani
I giovani, probabilmente le maggiori vittime inconsapevoli del trentennio nero casalese, perché se a 16 anni “Sandokan” non ti ricorda l’omonimo sceneggiato televisivo indiano interpretato da Kabir Bedi ma un boss sanguinario, allora sei una vittima e non lo sai, salvo poi renderti conto anni dopo, a chilometri di distanza, (perché nel frattempo sei emigrato per studio o lavoro), che quella che senti sempre come casa tua non è più “terra di lavoro” ma “terra dei fuochi” e il più impattante esempio di imprenditoria del potere che la tua ingenuità giovanile contemplava altro non era che la proiezione del male, un cancro che ha drenato energie e contaminato destini.
Spartacus
Nel resto del mondo “Spartacus” riecheggia le gesta del gladiatore Trace che sfidò i Romani nella terza guerra servile, alle latitudini dell’agro aversano questo termine si sveste da impeti eroici per assumere le asettiche dimensioni dell’aula bunker sede del più grande processo contro la criminalità organizzata in Europa, paragonabile soltanto al Maxi Processo contro Cosa Nostra, istruito da Giovanni Falcone e Paolo Borsellino.
40 anni
“Per amore del mio popolo non tacerò”; 40 anni erano l’aspettativa di vita media di un uomo nell’800, oggi scandiscono il tempo necessario per compiere una rivoluzione culturale, e le parole di Don Peppe Diana risuonano più forti e vibrano nell’aria come l’odore delle viole in primavera, un’aria più leggera di 40 anni fa, quando nemmeno un parroco poteva parlare di libertà senza essere ammazzato.