Di Emiliano Guanella – Ispi online
Se n’era andato dal Brasile un giorno prima della fine del suo mandato, evitando così di dover consegnare la fascia presidenziale all’odiato rivale Lula da Silva. Torna in patria tre mesi dopo e un giorno prima dell’anniversario del golpe militare del 1964, una data funesta per la storia del suo Paese ma che per lui, da sempre nostalgico della dittatura, ha un alto valore simbolico.
Jair Bolsonaro è sbarcato a Brasilia con il sorriso di chi vuole essere di nuovo protagonista, ma sul futuro pesano forte incognite, ad iniziare dalle numerose inchieste giudiziarie in cui è coinvolto. Ci sono una dozzina di indagini aperte presso la Corte Elettorale per sforamento nel tetto delle spese per la campagna o diffusione di fake news e presso la Corte Suprema, per la gestione della pandemia, le nomine di collaboratori senza concorso, diverse irregolarità amministrative. C’è poi il filone delle indagini sui fatti dell’otto gennaio, l’assalto ai palazzi del poteredella folla rabbiosa bolsonarista. Quel giorno lui era già in Florida, condannò gli atti di violenza, ma disse che capiva le ragioni della rabbia popolare. L’ultima pietra sul suo cammino è l’affaire dei gioielli ricevuti in dono dagli emiri arabi durante il suo mandato. Invece di consegnarli all’archivio di Stato, come obbliga la legge, il clan Bolsonaro ha cercato in tutti i modi di portarseli a casa.
L’ex presidente oggi è un cittadino comune, non gode di immunità, se condannato in ultima istanza potrebbe anche finire in carcere, ma i tempi della giustizia sono molto lunghi e nel frattempo tutto può succedere. Bolsonaro, si sa, imita spesso Donald Trump, di cui è grande ammiratore. Dopo tre mesi di autoesilio negli Stati Uniti, più precisamente nel bastione repubblicano della Florida, anche lui intende lanciare la riscossa della destra, mettendo in difficoltà in tutto e per tutto il governo di Lula. Non è un caso che a riceverlo a Brasilia è stata la cupola del partito liberale, il movimento politico che lui ha aiutato a crescere e che oggi ha ben 99 deputati, un quinto dei seggi della Camera e un importante drappello di sindaci e governatori.
Oggi le forze del “Centrão”, il gruppo dei piccoli e medi partiti di centro da sempre funzionali al potere di turno, appoggiano Lula. Bolsonaro torna quindi per tenere viva la fiamma dell’opposizione, pensando già ai prossimi appuntamenti elettorali. L’anno prossimo si vota per rinnovare un terzo dei seggi del Senato e per scegliere i sindaci degli oltre 5.000 municipi brasiliani. Suo figlio Flavio, oggi senatore, aspira a candidarsi a Rio de Janeiro, il terzogenito Eduardo, deputato federale, sta facendo un pensierino alla città di San Paolo.
Nessuna novità: il clan famigliare è il cuore della filosofia bolsonarista del potere, da lì si parte nella conta di amici e alleati o nelle invettive e crociate contro i possibili traditori. Bolsonaro sa che una buona fetta della società sta ancora con lui. Infatti, alle scorse elezioni perse con appena 2 milioni di schede di scarto su un totale di oltre 110 milioni di voti. La situazione economica del Brasile non è rosea, Lula promette crescita e sviluppo ma deve fare i conti con un budget limitato e con i paletti imposti dall’austerità fiscale della Banca centrale alle politiche assistenziali.
Governare non è mai facile in Brasile. Stando all’opposizione, l’ex presidente può lavorare per capitalizzare il malcontento popolare per una ripresa che stenta ad arrivare. Le sue parole prima di imbarcarsi alla volta del Brasile sono state chiare. “Ho 15 anni di esperienza nell’esercito, 28 anni come deputato e 4 come Presidente. Non ho nessuna intenzione di fare il pensionato!”