L’argentina Celeste Saulo sarà la prima donna a guidare il Wmo (World Meteorological Organization), l’organizzazione Onu che si occupa di meteorologia. Saulo, 59 anni, dal 2014 numero uno del Wmo Argentina, diventerà segretaria generale dal 1° gennaio 2024, sostituendo il finlandese Petteri Taalas. La neoeletta dirigerà una delle più importanti agenzie Onu per il suo rilevante ruolo nel monitoraggio dei cambiamenti climatici. A coadiuvare l’azione di Saulo ci sarà Abdulla Al Mandous, rappresentante permanente degli Emirati Arabi Uniti, che dal gennaio 2024 ricoprirà la carica di epresidente.
“In questi tempi in cui la disuguaglianza e il cambiamento climatico sono le maggiori minacce globali”, ha dichiarato Saulo, “il Wmo deve contribuire a rafforzare i servizi meteorologici e idrologici per proteggere le popolazioni e le loro economie”. Nata con il nome di International Meteorological Organization (Imo) nel 1973 a Ginevra,
il Wmo diventò nel 1950 un’agenzia delle Nazioni Unite, specializzata in meteorologia, idrologia e scienze geofisiche. Oggi il Wmo raggruppa 193 stati membri e territori; l’assemblea generale si riunisce ogni quattro anni per eleggere il nuovo direttore generale. Complice il cambiamento climatico e i sempre più frequenti disastri ambientali, il ruolo del Wmo negli ultimi anni si è intensificato. Un focus particolare è stato creato sui nuovi sistemi di sorveglianza e allerta per prevenire e anticipare gli effetti del cambiamento nel clima. Il compito di Celeste Saulo non sarà comunque facile. E nei prossimi anni sarà interessante osservare come si integreranno le azioni del Wmo con quelle dell’altra agenzia delle Nazioni Unite che opera sul fronte del riscaldamento globale, cioè l’Unep (United Nations Environment Programme), guidata dalla danese Inger Andersen, direttrice esecutiva dal 2019. Le due agenzie nel 1988 hanno istituito l’Ipcc (Intergovernmental Panel on Climate Change), il principale organismo internazionale per la valutazione dei cambiamenti climatici.
L’Ippc ha lo scopo di fornire al mondo una visione scientificamente fondata dello stato attuale delle conoscenze sul climate change e sui loro potenziali impatti ambientali e socio-economici. Migliaia di ricercatori, provenienti da tutto il mondo, contribuiscono al lavoro dell’Ipcc su base volontaria. L’ultimo report di questo organismo Onu (marzo 2023) ribadisce che le riduzioni delle emissioni di CO2 dovranno essere profonde, veloci e durature in tutto il pianeta. In particolare, per l’Unione Europea, il report informa che il 77% delle emissioni di gas effetto serra è attribuibile al settore energetico, seguito da un 10% derivante dall’attività agricola (per lo più intensiva) e da un 9% circa imputabile a processi industriali.