I giovani bielorussi oggi faticano ad emergere in un paese dominato da un solo uomo Lukašėnka, che per molti di loro è stato l’unico presidente che abbiano mai visto. La loro vita è piagata da corruzione e da un’economia dominata dagli oligarchi. Nonostante le proteste la situazione è immutata e le prospettive per il futuro diventano sempre meno rosee.
Una storia recente e crescere all’ombra di un solo Presidente
La Bielorussia a differenza della Svezia, trattata nel precedente articolo, ha una storia recente.
Come stato indipendente si è costituito solo tra il 1990 e il 1991 con la disgregazione dell’Unione Sovietica e da allora è stata governata da un unico presidente Aljaksandr Lukašėnka.
Non si può parlare della Bielorussia senza parlare del suo presidente diventato vero padre padrone del paese oramai ridotto a suo feudo personale.
Una storia sfortunata
La storia del territorio che un giorno diventerà la Bielorussia è la storia di un territorio che fu conteso da diversi imperi. Prima parte della Lituania poi della Polonia poi ancora dello sterminato Impero russo di cui costituiva una delle propaggini più occidentali. Dopo un primo tentativo di indipendenza nel 1918, che senza protezioni internazionali ebbe vita breve, la Bielorussia continuò ad essere una parte dell’Impero sovietico, esclusa una breve parentesi nel secondo conflitto mondiale dove emerse un governo collaborazionista supportato dai Nazisti.
Ma le sue vicissitudini come stato indipendente iniziarono il 27 luglio del 1990 quando con la dichiarazione d’indipendenza iniziava il suo percorso come repubblica indipendente. Riconosciuta l’indipendenza nel 1991 la Bielorussia attraversò una fase convulsa caratterizzata da una forte instabilità politica.
Da questa instabilità ne emerse Lukašėnka che dal 1994 governa il paese col pugno di ferro. Il dittatore ricreò fin da subito un sistema simil-sovietico, emblematico è il fatto che i servizi segreti bielorussi si chiamino ancora KGB, dove gli oppositori vengono incarcerati, le manifestazioni di dissenso vengono represse e le libertà personali sono negate.
Quando il regime traballò
Oggi un giovane bielorusso di, per esempio, 26 anni non ha conosciuto nel corso della sua vita altro presidente all’infuori di Lukašėnka mentre se fosse nato in Italia avrebbe visto l’alternarsi di quattro Presidenti della Repubblica e 11 Presidenti del Consiglio.
Lukašėnka, sebbene possa sembrare il contrario non è mai schierato completamente dalla parte del regime putiniano, ma anzi ha sempre provato a giocare su più tavoli cercando di ottenere il massimo beneficio sia dalla Russia sia dall’Occidente evitando al contempo di legarsi strettamente a una delle due parti.
Questo almeno fino alle elezioni farsa del 2020 che lo videro riconfermato per un altro mandato col 81.04% [1] dei consensi. Inutile dire che in pochissimi credettero che il risultato rispecchiasse la vera volontà del paese mentre le accuse di brogli continuavano ad aumentare. In questa situazione i bielorussi esasperati da quasi trent’anni di regime scesero in piazza per protestare con in prima fila proprio i giovani che sfidarono per dieci mesi la dura repressione del governo.
Un presente difficile
Fu tutto inutile alla fine le proteste si affievolirono e con la promessa (non mantenuta) di dimettersi più qualche concessione Lukašėnka riuscì a quietare gli animi. I giovani bielorussi attualmente non possono fare troppo affidamento sui servizi erogati dallo stato molto dell’equipaggiamento è obsoleto mentre le strutture sanitarie e scolastiche sono fatiscenti.
In compenso “godono” di un sistema di polizia efficiente e capillarmente diffuso che però risponde direttamente al tiranno ed è impiegato principalmente nel mantenerlo al potere. A ciò si aggiunge la corruzione dilagante, ereditata dall’URSS, che permea ogni livello dell’amministrazione statale. In pratica per portare a termine una qualsiasi iniziativa economica o per ottenere l’erogazione di un servizio è necessario passare una bustarella al funzionario di turno altrimenti il rischio è di rimanere con un “pugno di mosche “in mano.
Lo strapotere degli oligarchi
Anche l’economia nazionale non gode di un ottimo stato di salute. Con un PIL di 72,8 miliardi di $[2] il paese si classifica al 74esimo posto nel ranking delle economie mondiali. Il sistema economico è ereditato da quello dell’Unione Sovietica e lo stato mantiene un forte controllo su di esso.
Tutte le principali aziende bielorusse sono controllate dallo stato e gestite da uomini vicini a Lukašėnka se non direttamente dai suoi familiari. Il comparto industriale è dominato dall’industria pesante, principalmente del settore degli armamenti, mentre le sue entrate derivate dal commercio si basano sulla Russia, primo partner commerciale del paese, e sulle tasse di transito di petrolio e gas naturale che attraversa il paese da est a ovest verso l’Ue.
L’intero sistema economico è costruito per sostenere un piccolo gruppo di oligarchi, vicini al presidente, che tengono in pugno la vita economica del paese.
Le relazioni con l’Ue
L’Unione europea ha posto sanzioni economiche su Lukašėnka e la sua cerchia per cercare di indebolire il regime. Ma l’unico concreto risultato è stato quello di affaticare ancora di più l’economia bielorussa con la conseguenza di aumentare le difficolta per i comuni cittadini bielorussi.
Inoltre la chiusura dei confini e la costruzione di barriere ha ridotto ulteriormente i già limitati scambi commerciali tra Ue e Bielorussia complicando la vita a quanti cercano di scappare dal paese.
Un futuro incerto
Se vi è sembrato che i giovani in questo articolo non siano emersi è perché è così anche in Bielorussia.
Oggi un giovane bielorusso ha poche scelte davanti a sé: la prima diventare un ingranaggio del regime e contribuire alla sua perpetuazione e magari anche fare carriera e arricchirsi, la seconda accettare passivamente la situazione provando a barcamenarsi tra polizia e corruzione tirando a campare nella maniera più dignitosa possibile, la terza fuggire, lasciare la propria terra natia ed emigrare in un paese straniero cercando condizioni di vita migliori e infine l’ultima e più pericolosa rimanere e lottare, sfidando il regime, per ottenere una Bielorussia libera e democratica.
Quale di queste scelte prevarrà all’interno dei giovani bielorussi solo il tempo potrà dirlo. Certo è che il regime negli ultimi anni si è irrigidito e lo spazio per pensare, creare ed emergere si sta riducendo sempre più in quella che è stata definita “l’ultima dittatura d’Europa”.
Sitografia e bibliografia
- [1] Wikipedia in inglese (che cita come fonte un documento rilasciato dalla commissione elettorale centrale bielorussa)
- [2] Word Bank open data