Verso le elezioni europee / 1

Verso le elezioni europee / 1

Come purtroppo possiamo constatare ogni giorno qui in Italia le elezioni europee vengono considerate un grande sondaggio elettorale a uso interno. Soprattutto, ma non solo, nell’area di maggioranza è palese fin d’ora la competizione fra i tre partiti che compongono l’esecutivo, tutti di fatto già in campagna elettorale e quindi a rischio di fratture nell’azione di governo. 

In realtà la partita europea è molto importante per i suoi contenuti relativi alla presenza dell’Unione nel nuovo mondo multipolare che si sta delineando, oltre che naturalmente alla sua azione interna e in rapporto ai singoli stati membri. Purtroppo a una condizione esterna di rilevante complessità (solo per titoli: il confronto aspro fra Stati Uniti e Cina; il neo-imperialismo russo; il progressivo avanzare di una semi-alleanza fra le nazioni del “Sud Globale”, derivante anche dalla acquisita consapevolezza di costituire, esse solo, la maggioranza della popolazione del pianeta…) non sembra che l’Europa sia in grado di rispondere con l’urgenza e la nettezza necessarie.

Certo, c’è la comune volontà – manifestatasi pure in termini concreti dal punto di vista del sostegno militare – di aiutare l’Ucraina e respingere l’assalto russo. Ma per il resto, a cominciare dalla gestione delle nuove rilevanti ondate migratorie provenienti dall’Africa e dal Medio Oriente, le divisioni fra i diversi paesi e le incertezze circa il da farsi rimangono tutte, nonostante gli sforzi che in qualche modo la Commissione guidata da Ursula Von Der Lyen ha cercato di esplicitare nella sua azione di indirizzo e guida degli stati membri.

E ora, alla vigilia appunto del rinnovo del Parlamento di Strasburgo, le tensioni nazionaliste stanno nuovamente aumentando all’interno di ogni singolo paese, alimentate dalle nuove spirali di possibile recessione economica indotta dal rallentamento cinese che stanno frenando la ripresa avviata con l’uscita dal periodo pandemico e dalla aumentata pressione migratoria causata dalla tragica condizione nella quale vivono le popolazioni di paesi quali Afghanistan e Siria oltre a quelli dell’Africa subsahariana e non solo.

Il riflesso di queste difficoltà lo si vede bene nelle tornate elettorali nazionali che si stanno man mano tenendo in diversi paesi europei. Le vittorie della Destra in Danimarca, Italia, Grecia ne sono una significativa testimonianza. Ma anche dove ciò non si è verificato, come in Spagna, non si è raggiunta una condizione di stabilità utile ai fini dello sviluppo di una ragionata iniziativa politica stimolante l’intera Unione.

Proprio la Spagna sta gestendo la semestrale presidenza di turno della UE con il freno a mano tirato: inevitabilmente, essendo bloccata a livello interno dopo un risultato elettorale che non ha dato una precisa indicazione di governo e che potrebbe condurre a nuove elezioni anticipate. E’ chiaro che in questa situazione il Presidente Sanchez non ha potuto sinora dedicare molto tempo e molte energie all’Unione e quindi altri sei mesi saranno andati perduti senza decisioni di rilievo. Che è facile immaginare non arriveranno neppure nel semestre successivo (al di là del probabile ritorno al limite del 3% nel rapporto deficit/PIL), quello che condurrà alle elezioni.

Prima di allora si voterà per il Parlamento nazionale in Polonia e Olanda. 

In Slovacchia le urne del 30 settembre hanno segnato la vittoria del “socialista” anomalo Robert Fico, un iper nazionalista sciovinista, confermando così il trend affatto incline a favorire quell’Unione “sempre più stretta” che viceversa servirebbe. 

Un trend che ha buone probabilità di essere confermato, appunto, anche in Polonia e Olanda. 

A Varsavia il partito al potere ha buone possibilità di vittoria, nonostante qualche sondaggio non la dia così scontata. Una vittoria che gli consentirebbe di proseguire con rinnovata energia la sua continua polemica venata di ostilità con Bruxelles. Non un problema da poco, essendo comunque la Polonia uno dei grandi paesi membri e ora anche punta di diamante della politica NATO in relazione al confronto con la Russia. 

In Olanda l’abbandono della politica da parte del leader centrista Mark Rutte capofila dei paesi cosiddetti “frugali” ostili a ogni meccanismo di elasticità in tema di bilancio europeo rischia di dare più forza al Partito dei Contadini, formazione nazionalista che vede come il fumo negli occhi qualsiasi iniziativa comunitaria, a cominciare da quelle di natura ecologica, oltre naturalmente a quelle di politica agricola comune. 

Due turni elettorali che potrebbero quindi fornire molta benzina alle formazioni anti-europeiste un po’ ovunque. Non un buon viatico per una UE che dovrebbe, viceversa, assumere un ruolo ben più assertivo di quello sinora espresso in un contesto internazionale, come detto, sempre più complesso.

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