Esporsi al sole fa bene alla salute. Non solo induce la sintesi cutanea di vitamina D, necessaria per una corretta funzionalità osteomuscolare, ma incide anche sull’umore, con effetti benefici sui disturbi affettivi stagionali. Studi più recenti suggeriscono che la luce solare potrebbe essere protettiva nei confronti di tumori – come il carcinoma colorettale, mammario e prostatico – e di ipertensione arteriosa, diabete mellito di tipo 2 e sclerosi multipla.
Purtroppo, però, la fotoesposizione ha anche un risvolto negativo. Diverse malattie dermatologiche come psoriasi ed eczema migliorano grazie alle radiazioni ultraviolette (UV), che sono parte dello spettro della luce non visibile, ma altre dermatosi tendono a essere aggravate o addirittura causate da esse. Rughe sottili, macchie, perdita di elasticità e ruvidità cutanea, inoltre, dipendono per la maggior parte (intorno all’80-90%) da quante ore trascorriamo al sole. Per di più la fotoesposizione è responsabile dello sviluppo di tumori: non solo il famigerato melanoma, ma anche carcinomi basocellulari e squamocellulari. Di qui la necessità di proteggerci in maniera adeguata dall’eccessiva luce solare.
Le radiazioni UV comprendono i raggi UVA (320-400 nanometri di lunghezza d’onda), UVB (280-320 nm) e UVC (200-280 nm). Questi ultimi sono assorbiti dallo strato dell’ozono. Tanto gli UVA quanto gli UVB, invece, raggiungono la superficie terrestre e possono quindi causare eritema solare. A lungo andare, inoltre, gli UVA inducono degradazione del collagene cutaneo e formazione di radicali liberi, cioè il cosiddetto ‘fotoinvecchiamento’, mentre gli UVB si associano soprattutto a tumori della pelle. È pertanto essenziale adoperare una protezione solare attiva contro gli UVA e gli UVB.
Le protezioni solari devono dichiarare il loro SPF (fattore di protezione solare), che misura la loro capacità di difendere la cute dagli UVB. I dermatologi raccomandano l’applicazione di schermi alti o molto alti, cioè con SPF 30 o superiore, a prescindere dal tipo di pelle. Un SPF 30 assorbe poco meno del 97% dei raggi, dunque permette a un trentesimo degli UVB di raggiungere la cute, mentre un SPF 50 ne blocca il 98%. La protezione dai raggi UVA (PA o PPD) si calcola in modo leggermente diverso, ma non è compresa nell’SPF e perciò deve essere specificata a parte.
Le domande chiave sulla protezione solare sono tre: quando, in quale quantità e quanto spesso utilizzarla. Per garantirne l’efficacia, la fotoprotezione dovrebbe essere applicata 15-20 minuti prima dell’esposizione al sole. Tenendo a mente che quasi sempre se ne utilizza troppo poca per raggiungere il valore di SPF dichiarato sull’etichetta, 35 grammi – circa un bicchierino da shot – sono sufficienti per coprire tutto il corpo di un adulto. Un’alternativa è contare i cucchiaini: dovremmo applicare un cucchiaino di crema solare su ciascuna gamba, uno su ciascun braccio, uno su testa e collo e due sul tronco. L’American Academy of Dermatology raccomanda anche di non trascurare aree spesso dimenticato come piedi, collo, orecchie e labbra. Infine, è fondamentale riapplicare la protezione ogni due ore e dopo aver sudato o fatto un bagno – anche i prodotti resistenti all’acqua – per evitare scottature e prevenire tumori cutanei e fotoinvecchiamento.