Una epidemia terribile devasta l’Europa, la annichilisce, la trasforma e le da nuova vita.
La Grande Peste del XIV secolo, nota anche come la Peste Nera, è un capitolo terribile nella storia dell’Europa. Ha portato dolore e morte in gran quantità. Ha distrutto istituzioni, strutture sociali e rimodellato la società del tempo sotto il profilo economico, politico e demografico.
Tutti i documenti presenti sull’argomento ci dicono che la malattia si presenta tra il 1331 e il 1334 in alcune zone dell’Asia Centrale. Gli studiosi del fenomeno accreditano la tesi secondo la quale il morbo (il bacillo Yersinia pestis) è trasportato dai ratti neri e dalle loro pulci. Le vie commerciali, che allora congiungono l’Oriente all’’Europa, agevolano la sua diffusione. I guerrieri e i commercianti mongoli, accompagnati dai ratti neri, arrivano in Crimea. La vera grande diffusione inizia qui nel 1347, quando la peste arriva a Caffa, porto governato dalla Repubblica marinara genovese ma in quel momento assediato dei Mongoli guidati dal Gani Bek. Le caravelle dei genovesi, inconsapevoli, la imbarcano e la portano in crociera per il mediterraneo e quindi anche in Italia, Spagna e Francia.
La Peste nera arriva come un flagello, dilaga veloce, colpisce spietata e la falce della morte, che l’accompagna speranzosa, miete alcuni milioni di vite in tutta Europa. Alla fine la contabilità della morte segnerà l’enorme cifra di 20 milioni di morti.
La peste non guarda in faccia a nessuno, non distingue per censo o quarti di nobiltà. Colpisce e si porta via anche vittime illustri. Boccaccio, nel suo celebre “Decameron” ben descrive la devastazione causata dalla Peste a Firenze; il Petrarca perde la sua amata Laura e ne rimane per sempre influenzato nelle sue opere; Agnolo di Tura, famoso cronista dell’epoca, offre un affresco crudo degli effetti della malattia sulla vita quotidiana e sulla società dell’epoca; Giovanni Villani, storico e politico italiano, lascia alla Peste tre fratelli. Nella sua opera (Cronica), descrive la malattia come un flagello divino e descrive gli effetti demografici ed economici a Firenze.
La peste quando arriva trova un’Europa già indebolita e fragile. Una grande carestia provocata dal un anomalo abbassamento delle temperature, fenomeno definito piccola era glaciale, e da una guerra destinata a durare cent’anni tra regno di Francia e regno di Inghilterra.
La storia della pestilenza ci narra anche di coraggio, resistenza e inventiva. Nella città di Eyam, in Inghilterra, gli abitanti con decisione unanime e sofferta decidono di isolarsi così da impedire la diffusione della Peste nelle zone limitrofe. Un atto eroico che, pur costando molte vite, riduce l’entità del contagio e salva migliaia di vite.
La peste quando se va, per tornare nel XVII secolo, lascia un’Europa devastata, privata dei propri modelli culturali oramai inservibili. Ogni aspetto della vita sociale risulta stravolto, radicalmente mutato. Ma come si dice, non tutto il male viene per nuocere, anche se il male è davvero grande.
I milioni di morti, paradossalmente, generano nel lungo periodo effetti positivi. I campi abbandonati creano nuovi agricoltori che godono di affitti crollati; nelle città, causa la scarsità di mano d’opera, i salari crescono rapidamente e notevolmente. Il benessere si diffonde con livelli prima impensabili. Il nuovo costo del lavoro stimola la meccanizzazione, tanto da caratterizzare il tardo medioevo per le innovazioni tecnologiche. Un esempio che ben descrive i cambiamenti accennati: prima della peste i compensi degli amanuensi sono molto bassi e le copie fatte a mano hanno costi accettabili. Dopo la peste i compensi salgono vertiginosamente e ciò spinge alla creatività e, pensate un po’, arriva nientedimeno che l’invenzione della stampa (Gutenberg). Non solo. L’Europa ha bisogno di tutto e il commercio è una risposta. La sua crescita esponenziale necessita di credito, dunque arriva l’invenzione delle lettere di credito e di cambio. Nascono le banche e le scienze bancarie. La contabilità trionfa. La penuria di soldati genera l’evoluzione delle armi a fuoco.
So che lo pensate perché, io che sono uno voi, l’ho pensato. La recente pandemia di COVID-19. Molte sono le analogie. Vediamole insieme.
Entrambe le epidemie si sono diffuse velocemente, attraverso le rotte commerciali nel caso della Peste Nera e i viaggi internazionali nel caso della COVID-19. L’infettività elevata ha reso le due malattie difficilmente governabili.
Entrambe le pandemie hanno determinato stravolgimenti sociali ed economici. La Peste Nera ha determinato una riduzione del 50% circa della popolazione europea con conseguenze a lungo termine sulle organizzazioni sociali del continente. Egualmente, la pandemia di COVID-19, ha portato a circa un milione e mezzo di morti, shock economico, stravolgimento delle modalità di lavoro, accelerazione della tecnologia, in particolare quella digitale.
Entrambe le epidemie hanno testato i sistemi sanitari. La Peste Nera ha colpito in una fase storica in cui la medicina era ancora poco sviluppata e priva di strumenti di comprensione. Il COVID-19, nonostante i progressi della medicina e della diagnostica, ha trovato una palese impreparazione ad affrontare fenomeni ad ampia diffusione e una totale incapacità della politica nella pianificazione delle risposte alle emergenze. E non parliamo di oltre un miliardo di euro dati a imprese cinesi per mascherine inservibili…I farabutti resistono a ogni virus.
In entrambi i casi, la popolazione europea ha dimostrato una resilienza eccezionale e una straordinaria capacità di adattarsi e sopravvivere. Durante la Peste Nera con atti di isolamento volontario come quello di Eyam e durante la COVID-19 con la ricerca di soluzioni innovative e l’adozione di misure preventive.
La storia della Peste, che per ben tre volte ha colpito l’Europa nell’ultimo millennio, ci ha avvertito più volte ma è rimasta inascoltata. Abbiamo rischiato molto con il COVID-19 e speriamo che questa volta la lezione offerta dalla Storia sia ascoltata con attenzione e se ne traggano tutti i possibili insegnamenti.
I futurologi però non sono ottimisti. A loro parere l’estinzione della razza umana incombe. Non per una guerra nucleare, non per causa del cambiamento climatico ma per un’altra violentissima epidemia che ci spazzerà via da questo bellissimo pianeta. Forse sopravviveranno solo i farabutti.