L’ottava edizione del Festival del Podcasting, evento di riferimento in Italia per podcaster, appassionati e professionisti del settore, si è svolto dal 25 al 30 settembre 2023, sia online che a Milano. Il fondatore, Giulio Gaudiano, è un divulgatore, autore di libri e docente nell’ambito della formazione di imprenditori e professionisti all’utilizzo consapevole del digitale sia nella vita privata sia nella vita lavorativa. Nel 2010 ha fondato YouMediaWeb, acceleratore per startup e imprenditori digitali e nell’agosto del 2011 ha creato il primo podcast di business in Italia: “Strategia Digitale”. Nel 2016 ha fondato il Festival del Podcasting e dal 2020 è Presidente dell’ASSIPOD.org, Associazione Italiana Podcasting.
Vorrei partire dalla classica domanda ‘chi sei’. Ho guardato le cose che hai fatto e sono parecchie quindi andrei con ordine partendo da quella più recente, ovvero il Festival del Podcasting.
Il Festival del Podcasting nasce nel 2016, a quel tempo io vivevo nel sud dell’Australia, ad Adelaide. Dobbiamo immaginarci un contesto di podcasting molto diverso da quello che viviamo oggi: non era di moda fare podcasting, pochissime persone ascoltavano podcast e ancora meno facevano podcast. Io a quel tempo avevo già lanciato da vari anni il mio podcast “Strategia digitale”, dunque mi trovavo in un contesto in cui ogni giorno ero esposto all’ascolto di contenuti di altri podcaster, ed ero in contatto con altri creatori. Volevo organizzare un incontro con gli altri podcaster per confrontarci su quelli che erano gli strumenti utilizzati per registrare o per distribuire il contenuto e farlo conoscere, i trucchi per scrivere i podcast o per strutturare le puntate, ma dall’Australia potevo farlo solo online. Quindi in una settimana ho incontrato tanti podcaster diversi, tutti quanti ci siamo rivolti le stesse domande su tutti gli aspetti della produzione e ne è uscito fuori un corpus di consigli, indicazioni tecniche, suggerimenti, e anche storie. È stato veramente notevole, tant’è che l’anno successivo mi è stato richiesto di organizzare la seconda edizione; poi ce n’è stata una terza, una quarta e quest’anno, nel 2023, siamo arrivati all’ottava edizione. Al Festival partecipano piattaforme di streaming audio e musicale globali, editori tradizionali che hanno iniziato a pubblicare anche podcast oppure editori nati specificatamente per creare podcast. Quest’anno, insieme ad Andrea Borgnino di Rai Digital, ho potuto presentare Rai Play Sound che di fatto segna veramente, secondo me, anche dal punto di vista simbolico, il momento in cui il podcast tocca tutte le persone che appartengono alla società italiana trasversalmente.
Quindi è stata un’idea che ha avuto un gran successo!
È così e di fatto questo Festival è diventato un momento in cui si possono confrontare, parlare, incontrare tutte le componenti della cosiddetta industria del podcasting, che altrimenti nella vita quotidiana non si incrocerebbero mai. Da una parte abbiamo tutti i podcaster indipendenti, cioè quelli che continuano a fare podcasting così come si faceva 20 anni fa quando è nato, con una sola persona che fa tutto, ossia il podcaster. Dall’altra parte ci sono i professionisti del mondo del podcasting, sound designer, autori, speaker, quindi persone che ci mettono solo la voce, persone che ci mettono solo la scrittura, persone che ci mettono la competenza tecnica-specifica sull’utilizzo della musica o degli effetti sonori, quindi persone che lavorano in questo mondo pur non essendo podcaster. Poi ci sono gli editori, che creano podcast per venderli, cioè per trasmetterli sulle piattaforme streaming e monetizzarli con la pubblicità. Partecipano anche le piattaforme stesse come Spotify, Amazon music, e Rai, che raramente riescono ad incontrarsi e questa diventa una possibilità di confrontarsi su temi importanti facendosi anche delle domande di indirizzo. Una delle domande che si sono posti è stata: qual è il ruolo della piattaforma? Cioè uno Spotify deve produrre contenuti originali o deve impegnarsi nel diffondere i contenuti fatti da altri? Deve dare spazio ai tanti piccoli podcaster indipendenti con audience ristrette oppure deve puntare sul successo di grandi titoli creati da editori importanti? Ecco tutte queste cose, su come si orienta il mercato, su come si fa crescere il podcasting, devono essere oggetto di una riflessione condivisa e nel Festival del Podcasting, anno dopo anno, lo sono.
Tu sei il conduttore del primo podcast di business in Italia che si chiama “Strategia Digitale”. Nel 2011 quando è nato di podcast se ne sentiva parlare ancora pochissimo rispetto ad ora quindi è stata un’idea innovativa e sicuramente coraggiosa. Com’è iniziato il progetto?
Questa è una bella domanda, sembra la cronaca di un suicidio annunciato. No, in realtà io ero un appassionato ascoltatore di podcast, in particolare ascoltavo tutti i giorni la rassegna stampa di Radio 3 che si chiama “Prima Pagina” e viene trasmessa in podcast già dal 2005. La Rai in realtà, grazie ad alcune figure all’interno dell’azienda che hanno adottato da subito il podcasting, ha avuto un ruolo pionieristico in questo campo. Quindi io mi ascoltavo la mia rassegna stampa mentre portavo in giro con il passeggino mia figlia nata da poco; mentre camminavo volevo restare informato sui temi che mi interessavano per lavoro. Io di lavoro mi occupo di investimenti in start-up digitali e dirigo una business school, quindi mi interessano il marketing, la comunicazione, e il business in generale. A un certo punto mi sono detto: “ma è possibile che non esiste l’analogo di “Prima Pagina”, quindi una rassegna stampa, sugli argomenti che interessano a me, in formato podcast in modo da poterla ascoltare senza farmi venire i crampi al polso mentre porto mia figlia in giro con il passeggino?”. Quindi è stata un’esigenza molto semplice, era estate ed ero un pochino più scarico dagli impegni di lavoro, ho fatto una ricerca e non esisteva in quel momento nessun podcast che parlasse di marketing, di business o di comunicazione e allora ho detto: “vabbè lo faccio io, mi sacrifico io così chi ha il mio stesso problema potrà trarne un vantaggio”. Non c’era nessun pensiero dietro se non quello di fare un lavoro di pubblica utilità, molto simile al pensiero che sta dietro a quello che ha portato Fabrizio Mele per esempio, uno studente universitario, a trasformare in audio le lezioni su YouTube di Alessandro Barbero per creare il famosissimo podcast di Alessandro Barbero. Nasce da un’intenzione molto semplice, poi siccome era il primo podcast sull’argomento, tutti quelli che sono arrivati hanno cominciato ad ascoltarlo e quindi è diventato davvero il primo podcast di business, marketing e comunicazione in Italia. Aumentando il numero di ascoltatori, aumentando il coinvolgimento è cresciuto il progetto portandomi poi a raccogliere più di 100.000 euro attraverso il finanziamento degli ascoltatori, del tutto spontaneo. Questo ci dà un’idea della portata del coinvolgimento delle audience che amano i podcast.
Come si arriva all’episodio numero 1000? Puoi accennare ad un paio dei 3 segreti di cui parli nella puntata numero 1000?
In realtà in questi mesi sta cambiando moltissimo il panorama del podcasting, proprio in relazione all’arrivo del video podcasting e alla sua crescita. Solo poche settimane fa YouTube è entrato a gamba tesa in questo mondo, capitalizzando il fatto che nella percezione dei giovani il podcast è in realtà un talkshow video su YouTube. Pensa che su Twitch (la piattaforma di video streaming di proprietà di Amazon) il canale più visto si chiama “Cerbero Podcast”; di fatto sembra un podcast ma non viene nemmeno distribuito in formato audio, è solo in formato video (più precisamente delle live che vengono videoregistrate). Su YouTube viene distribuito anche “Muschio Selvaggio”, il podcast di Fedez, che viene visto da moltissimi giovani come il primo podcast che scoprono; allora perché ti dico questo? Perché oggi se vuoi fare podcasting e vuoi far si che duri nel tempo devi interrogarti su qual è il valore del progetto che stai portando avanti. Non è necessario puntare a grandi audience ma è necessario che l’azione stessa del fare podcasting si trasformi per te in un vantaggio. Come? Io, per esempio, potrei decidere di fare un podcast sulla letteratura inglese se sono uno studente bilingue, poiché per fare il podcast devo studiare: per poterlo raccontare meglio agli altri devo capirlo benissimo io. E allora il vantaggio che avrò non sarà che molte persone ascolteranno il mio podcast, ma il fatto stesso che ho pubblicato una puntata, perchè questo dimostra che ho interiorizzato quell’argomento. Io ad esempio nel mio lavoro incontro continuamente start up per amministratori delegati in società importanti, e a volte si fa fatica a prendere un caffè con loro e a parlare apertamente in maniera approfondita di argomenti di business. Per aggirare questo ostacolo posso decidere di creare un podcast perché tale diventa un modo per riuscire a conoscere, incontrare e discutere con calma degli argomenti che mi interessa portare avanti dal punto di vista professionale; quindi, ad avere quell’appuntamento che non avrei avuto se non fosse stato per un’intervista. Questi sono solo due esempi, però è importante ragionare sul fatto che la soddisfazione per il fatto che facciamo podcast deve essere, secondo me, interna alla creazione del podcast stesso. E questo è il primo segreto. Il secondo segreto è partire subito. Non serve ragionare dicendo “lo farò quando sarò più tranquillo, lo farò quando avrò il microfono professionale”. Bisogna partire subito. Abbiamo tutti un telefono. Io ho fatto podcasting per anni utilizzando il microfono interno del computer e poi, grande upgrade di attrezzatura, ho utilizzato gli auricolari dell’iPhone. Quello che conta è il contenuto e se tu non inizi questo contenuto non viene mai fuori. Forse il terzo consiglio che potrei dare è quello di non pensare al proprio podcast come un monologo ma come un dialogo, avendo un’idea ben chiara su chi c’è dall’altra parte. Per me questo ha fatto tutta la differenza perché, una volta tornato a Roma dall’estate in Australia avrei abbandonato il podcast a causa degli altri impegni professionali, se non fosse che mi è arrivata una recensione da parte di una persona che diceva: “bellissimo podcast, eccezionale!” però metteva 2 stelle perché avevo interrotto la pubblicazione degli episodi. Questo mi ha fatto capire che quando fai podcast c’è qualcuno dall’altra parte che ti ascolta ed è essenziale focalizzarsi sulle esigenze degli altri. Aiutarli ti porta un valore sul piano interno, che se non altro il tuo podcast avrà aiutato quelli che ti hanno ascoltato, ma ti dà anche la possibilità di avere sempre idee per nuovi contenuti.
Per concludere vorrei chiederti una cosa che mi incuriosisce, in realtà è una domanda che mette in crisi tanti giovani oggi: quando andavi a scuola o all’università, cosa volevi fare da grande? Quale futuro ti immaginavi?
Era inimmaginabile il futuro perché da quando io andavo a scuola o all’università sono cambiate tantissime cose. Di fatto però io noto una grande continuità nel mio percorso personale, nel senso che io ho fatto il liceo classico e già mentre ero al liceo, i primi anni in cui c’era Internet programmavo in HTML e cercavo di utilizzare le tecnologie digitali per divulgare cultura. Poi all’università, io sono uno storico dell’arte, ho studiato e mi sono interessato all’arte come uno strumento per connettersi attraverso i contenuti e le idee importanti che hanno un impatto culturale e sociale. Quindi quando ho poi fatto il master in giornalismo e ho iniziato ad utilizzare gli strumenti digitali per creare trasmissioni radiofoniche o l’impegno per lo storytelling sulla scrittura o il software di montaggio video per la creazione di servizi televisivi, è venuta da sé l’idea che il web offrisse a tutti la possibilità di essere giornalisti a prescindere dall’editore che potevi avere alle spalle. Io ho fatto poi il mio training all’interno dell’ufficio comunicazione del comune di Roma: lì ho visto come un articolo pubblicato sul web può spostare le persone, le può portare a vedere una mostra o può evitare di fargli avere grattacapi per uno sciopero. Quando ho iniziato a lavorare con il primo editore italiano e a guadagnare solo attraverso un modello di business digitale ho visto come il digitale offriva un superpotere ai piccoli per poter comunicare come se fossero grandi, come se fossero reti televisive. Di fatto nessuno aveva più bisogno di antenne se c’era il web e questa stessa visione è quella condivisa da Adam Carrie che 20 anni fa ha inventato il podcasting. La sua idea, una volta che aveva smesso di lavorare per MTV, era quella di avere un suo show, un suo programma radiofonico senza la radio. E così ha cominciato a pubblicare i suoi file, prima online e poi con l’RSS. Quindi ecco, c’è stata una grande continuità secondo me, nonostante le diverse esperienze, tra quello per la quale ho studiato e quello che mi trovo a fare oggi, solo che lo vedi solo dopo. Come diceva Steve Jobs: devi unire i puntini e vedere l’immagine che viene fuori, ma lo puoi fare solo alla fine.
Fonti fotografiche: tutte le foto sono state fornite da Giulio Gaudiano