Akira Zakamoto, nome d’arte di Luca Motolese, è un artista che si distingue nel panorama contemporaneo per la sua capacità unica di reinterpretare le prime pagine dei giornali degli ultimi ottant’anni.
Con il suo pennello e i suoi colori, Zakamoto riporta in vita i tempi di guerra e i sogni di pace, mescolando informazioni obiettive con la nebulizzazione della realtà. La sua opera si muove tra la cronaca e la critica sociale, trovando ispirazione nelle piccole storie che compongono il grande mosaico della Storia. Il suo stile, decisamente “pop”, offre una prospettiva rinfrescante e provocatoria su eventi collettivi e colpe individuali. Recentemente, ha aggiunto una nuova dimensione alla sua espressione artistica debuttando nel mondo della letteratura con il libro di poesie “Umano e Disumano” (Nulla Die Edizioni).
NDP ha avuto il piacere di intervistarlo.
1. Akira, le tue opere sono una fusione affascinante tra cultura pop giapponese e fatti di cronaca mondiale. Puoi raccontarci qualcosa riguardo alla tua ispirazione dietro questo mix insolito?
Come molti della mia generazione, ho avuto un’educazione giapponese di tipo catodico.
Partendo da questa educazione mi sono ritrovato a vivere straniero in patria, curioso di capire come potesse funzionare un mondo senza Godzilla e Ultraman.
Alla luce di quasi mezzo secolo di ricerche, posso certamente affermare che la maggior parte delle notizie che ho letto, si sono rivelate false, la maggior parte delle credenze sulle quali l’umanità ha basato, e basa tutt’ora, il proprio esistere, sono inventate, frutto della nostra infinita capacità creativa di prenderci in giro a vicenda.
Da questo assunto sono partito per realizzare i lavori della mostra “Media-mente falso”, rimescolando i significati e le credenze, ottenendo la descrizione di un passato falso-plausibile, al quale sicuramente qualcuno avrà piacere di credere.
2. Hai menzionato che nelle tue opere utilizzi l’ironia e talvolta il cinismo per riflettere sulle menzogne e la manipolazione nel flusso di informazioni dei media. Come vedi il ruolo dell’artista nell’affrontare queste sfide sociali?
La storia è sempre stata scritta dai vincitori, dal potere politico e militare.
Oggi il passato, la storia, il presente e l’idea del futuro, vengono scritti attraverso il potere tecnologico e mediatico di mistificare la realtà , di gratificare l’ego dei destinatari di un messaggio, fino a portarli a credere che il surrogato della realtà che osservano sia la realtà stessa.
Una menzogna ripetuta all’infinito non diventa vera, ma rende la mistificazione una pratica socialmente accettabile, il senso del vero si perde dietro alla consapevolezza che ogni verità potrebbe contenere, in tutto o in parte, una mistificazione.
Accettando di delegare il potere di definire la verità al sistema tecnologico e mediatico accettiamo di vivere in un vortice di informazione prodotta per sostenere una mistificazione piuttosto che un altra.
A scrivere la storia dei nostri giorni saranno ancora i vincitori di una guerra fatta di menzogne, ma le capacità tecnologiche alle quali siamo pervenuti ci consentiranno di creare mistificazioni di proporzioni mai viste prima.
Mentiamo a noi stessi, e ogni giorno è più difficile sorprenderci nel farlo.
3. La tua mostra “Media-mente falso” ha attirato l’attenzione per il modo in cui hai reinterpretato personaggi della cultura pop e figure storiche. Puoi spiegarci il processo creativo dietro queste opere e cosa desideri che gli spettatori comprendano?
La mostra “Media-mente falso” è stata un’eccezione rispetto al mio lavoro canonico, sia per la tecnica usata (tecnica mista su carta) sia per le piccole dimensioni delle opere, che per lo stile marcatamente pop. Le tematiche invece sono le stesse del mio lavoro pittorico e dei testi presenti nel libro. La scelta di fare una mostra di questo tipo è nata dall’incontro con una serie di collezionisti di giornali d’epoca, grazie ai quali ho potuto leggere le menzogne dei giornali di altre epoche e metterle in relazione con le menzogne dei media attuali.
4. Hai parlato dell’importanza del gioco e della spensieratezza nella tua arte, incoraggiando una visione più giocosa della vita. Come ti è venuta questa filosofia e come pensi che possa influenzare il pubblico?
La vita è il gioco di non sapere nulla, da dove si arriva e dove si sta andando, un gioco open world e open outcome.
Giocare dovrebbe essere il primo comandamento e l’Italia dovrebbe essere una repubblica fondata sul coraggio di giocare alla vita.
In Toy Story 2 Stinky Pete è un pupazzo anziano cercatore d’oro, non è mai stato tolto dalla sua scatola originale, non ha mai vissuto, vede la sua esposizione al museo di Tokyo come unica possibilità di redenzione per la sua esistenza.
Se non giochiamo la nostra vita, nessuno potrà goderne, nemmeno in seguito, anche se conservata in ottimo stato, mai usata.
Per quanto questo approccio sia del tutto antitetico alla visione classica della vita in termini evolutivi, o forse proprio per questo, credo che non ci siano altri modi di affrontare la vita con gioia.
5. La tua varietà di tecniche artistiche, dalle tele agli oli alla street art, mostra una grande sperimentazione. Cosa ti spinge a esplorare così tante modalità espressive e come scegli quale tecnica utilizzare per un certo concetto?
Il mestiere dell’arte è una continua sperimentazione di tecniche e supporti, una ricerca inesauribile che spinge a trovare nuovi metodi e soluzioni, ci si confronta tutti i giorni con la “stupidità” della materia solida.
La curiosità mi spinge a lavorare con diverse tecniche e materiali solo per giocare a conoscere come reagisce la materia al mio passaggio.
6. Nel tuo libro “Umano e Disumano”, descritto come un lavoro che combina lo stile metafisico con un atteggiamento antimetafisico, come hai affrontato questa dualità nel tuo lavoro?
E’ una delle tante dicotomie che accompagnano la mia apocalittica e integrata esistenza.
La spinta mistica combatte continuamente con il materialismo marxista.
Anche lo stesso fare pittura è un continuo confronto tra la valenza spirituale concettuale dell’opera e la sua realizzazione materiale, il suo divenire prodotto.
7. In altre occasioni hai menzionato l’infanzia come una fonte di ispirazione cruciale. Come rifletti sull’idea di ritornare alla purezza dell’infanzia attraverso la tua arte, e come credi che questa idea si traduca nell’esperienza degli spettatori?
Il mio intento è sempre quello di ricordare all’osservatore la sua origine infantile, siamo stati tutti bambini e ricordarlo è importante per abbracciare ancora se stessi e ritrovare il senso profondo del vivere. Più che la purezza, mi interessa la riconnessione alla vitalità e alla forza dei bambini, il loro essere determinati e senza preconcetti, sempre disponibili a ridere di tutto e a bearsi di qualsiasi scoperta.
8. Nel contesto attuale in cui il mondo dell’arte è spesso influenzato da logiche economiche, come riesci a mantenere la tua integrità artistica e la tua visione personale?
Credo che anche le logiche economiche che influenzano ogni singolo aspetto del mondo, vadano vissute come un gioco, nel libro lo chiamo “il gioco dei soldi del monopoli”, in modo da riuscire a riconoscere il valore fittizio che diamo a dei pezzi di carta colorati.
Arte, cultura, salute ed educazione sono ambiti nei quali dovrebbero prevalere interessi diversi da quelli economici, ma credo che il potere del kraken del turbo capitalistico odierno, e il suo riuscire ad insinuarsi ovunque, si basi principalmente sul fatto che tutti riconoscono ai soldi un enorme valore, che in realtà è del tutto immaginario.
Nell’intervista ad un artista veramente interessante!❤️