Si è tenuta a Roma la mostra Sente il Segno di Salvatore Giunta, artista, architetto, con i versi di Laura Anfuso, a cura dell’Associazione Gart, presso l’Istituto Caterina Volpicelli , via XX Settembre, 68.
Salvatore Giunta è un artista complesso, che opera con fermezza dall’interno del suo pensiero e della sua rigorosa concezione dell’arte. Per questo, nel caos del mercato dell’arte, non si distrae sulla tendenza alla mercificazione o alla produzione di catastrofi nichiliste, che è proprio del nostro tempo, dove tutto si vende e tutto si compra, dalle cose al corpo e all’anime delle persone.
Il suo pensiero è solido ed egli ce lo consegna attraverso forme di una precisione quasi ossessiva, dove neanche un segno e neanche un millimetro sono lasciati al caso. Che si tratti di sculture o altro, le sue opere vivono il sogno di forme insofferenti che sbottano spesso da un foglio e si offrono in tagli, pieghe, esplosioni di geometrie asimmetriche. Nel suo modo formale d’artista dialoga con materiali diversi (metallo, carte lavorate, sabbia, plexiglas, inchiostri, fili) e attraversa ambiti di competenza conniventi (pittura, istallazioni, scultura, libri d’artista, video, cortometraggi), maneggia la diversità degli strumenti e delle conoscenze con una naturalezza congeniale, ma che è alimentata anche da una professionalità cólta, ancorata a risultanze di studio privilegiate, quali con Capogrossi, Purificato, Turcato, Portoghesi, Zevi, Perugini, i grandi maestri romani di cui è stato allievo.
In questa mostra Salvatore Giunta produce libri d’artista con cui sviluppa il concetto concetto del libro/opera, nell’interpretazione del libro in quanto fecondatore del pensiero d’arte. Qui la materia è la carta, con la potenza del suo bianco o del suo nero assoluti, col suo profumo, anche, qui la carta sfida con la sua fragilità il pensiero e le mani dell’artista che la tagliano in forme geometriche essenziali, che la piegano in linee precisissime, senza sbavature, verticali, orizzontali, oblique, orientate all’orizzonte di pochi stremati versi poetici.
La poeta in questa mostra è Laura Anfuso, autrice di poesie brevi, spesso in forma di haiku, che offrono al lettore lo stimolo per riflessioni in cui il “particulare e l’assoluto” si fondono. L’opera cuore della mostra è Gli occhi del Colosseo, con un haiku della poeta, opera sicuramente diversa dalle altre innanzitutto per dimensioni più grandi, ma anche per l’idea base, che decodifica il manufatto architettonico simbolo di Roma come entità in funzione vigile e protettiva della città che una volta fu caput mundi. Le altre opere-libro sono Appena un frullio, A Flora, Attraverso, Nudezza, Schegge, Senso bianco, Poesia, i cui titoli rimandano l’immaginazione alla leggerezza di un pensiero librato verso intoccabili orizzonti. I materiali, cartoncino bianco, cartoncino nero, inserti luminosi di carte speciali, armonizzati con pieghe pulite, linee essenziali, volumi pieni d’aria e di astrazione, rappresentano la condizione esistenziale dell’artista, protesa verso la ricerca di equilibri improbabili che interrogano il fruitore e da lui a sua volta è interrogata, in uno scambio di domande sull’individuo e sull’Universo, ma anche sul significato delle scelte materiche e segniche. Non a caso Salvatore Giunta è membro del Movimento “Astractura”.