Le parole del Papa: “giovani studenti vittime del brutale attacco avvenuto contro una scuola nell’ovest dell’Uganda”.
Nella notte tra il 16 e il 17 giugno un commando di cinque terroristi facenti parte delle Forze Democratiche Alleate (o Adf) ha attaccato gli studenti della scuola secondaria privata di Lhubira, nel distretto di Kasese, nella parte occidentale dell’Uganda. Il bilancio delle vittime è salito a 42, dopo la morte di uno dei feriti: 38 studenti, tre civili e una guardia di sicurezza della scuola. Il conteggio purtroppo è solamente provvisorio poiché i soccorritori stanno ancora cercando tra le macerie e mancano all’appello diversi ragazzi che si ritiene siano stati rapiti. Quello che ha lasciato più sconvolti i soccorritori è stata la brutalità dell’attentato: gli studenti sono stati massacrati a colpi di machete o arsi vivi nei dormitori della scuola, che sono stati dati alle fiamme e distrutti con bombe a mano.
Forze Democratiche Alleate è un gruppo islamista costituito negli anni ‘90 con lo scopo di rovesciare il presidente-dittatore Yoweri Museveni, al potere dal 1986 e alleato degli Stati Uniti, accusato di discriminare la minoranza islamica del Paese. Si è distinto negli anni anni per le azioni violente compiute in territorio congolese e già nel 1998 era stato segnalato per un attacco simile contro una scuola ugandese in cui 80 studenti morirono e oltre cento vennero rapiti. Nonostante nel 2001 le Adf siano state di fatto sconfitte dall’esercito ugandese e si siano riposizionate in Congo, nella provincia del Nord Kivu, hanno continuato con sanguinose incursioni nella vicina regione dell’Uganda.
Il dispiegamento dell’operazione Shujaa a partire dal novembre 2021, che prevede un inedito intervento militare congiunto delle forze ugandesi e congolesi per tentare di sradicare il letale gruppo armato, non è riuscito a ridurne la nocività. Nonostante l’inizio della quarta fase dell’operazione che prevede lo smantellamento di alcune importanti roccaforti, le Adf hanno mostrato una grande mobilità e hanno continuato a colpire in piccoli gruppi. In realtà l’operazione Shujaa è stata penalizzata dalle scelte strategiche del governo di Kinshasa, che ha preferito concentrarsi sulla lotta contro i ribelli del Movimento 23 marzo (M23) e spostare i soldati congolesi in un’altra zona del paese. Per questo motivo il presidente dell’Uganda Yoweri Museveni, in seguito al recente massacro, ha promesso di inviare più truppe nell’instabile regione di confine tra Uganda e Congo.In questa provincia sono presenti anche le forze inviate dall’organizzazione regionale Comunità dell’Africa orientale, che hanno creato una sorta di zona cuscinetto tra l’esercito congolese e i ribelli. La prospettiva è quella di avviare un dialogo, che è invocato da tutti i paesi della regione ma che finora ha faticato a concretizzarsi.
Negli ultimi anni – si sa per certo dal 2019, ma non è ben chiaro a partire da quale momento – le Adf hanno giurato fedeltà allo Stato islamico, adottandone anche codici di abbigliamento e rituali, e divenendone una sorta di braccio armato nel Continente africano. Come conseguenza la violenza di questa milizia si è intensificata e il 7 aprile di un anno fa ha portato a termine il suo primo attentato con una bomba in un bar di Goma, il capoluogo del Nord Kivu. In questi primi sei mesi del 2023 infatti si sono già registrati più di duecento morti negli attacchi delle Adf, e il recente assalto alla scuola è il peggiore verificatosi dal 2010 ad oggi. L’esercito ugandese ha lanciato una vasta caccia all’uomo sulle tracce dei terroristi, che si pensa siano diretti verso il parco nazionale Virunga della vicina Repubblica Democratica del Congo, lo stesso luogo in cui furono uccisi in un agguato l’Ambasciatore italiano Luca Attanasio e il Carabiniere Vittorio Iacovacci.
Questi recenti episodi, tra cui anche l’uccisione del magistrato Hassani, hanno riacceso i riflettori sull’area. Le Adf, insieme ai ribelli di un’altra milizia attiva nella stessa regione, sono stati denunciati dalla comunità internazionale per i loro massacri. Il 2 marzo gli Stati Uniti hanno annunciato una ricompensa di cinque milioni di dollari per chi darà informazioni su Seka Musa Baluku, il leader ugandese delle Adf. Nel suo ultimo rapporto sulla Rdc, l’Onu ha evidenziato che “l’attività delle Adf è stata la principale causa dell’insicurezza” e del terrore che continuano a regnare nel Nord Kivu.
A causa della nota instabilità della regione, le Nazioni Unite sono presenti nel territorio già dagli anni ‘60. Nel 2010, quando è stata avviata la missione MONUSCO (Missione delle Nazioni Unite per la Stabilizzazione nella Repubblica Democratica del Congo), ancora oggi attiva nonostante i ripetuti desideri degli esponenti governativi di respingere la presenza dei Caschi blu. Tre anni dopo, nel 2013, è stata avviata la prima Forza di combattimento delle Nazioni Unite: l’Intervention Brigade, unicamente composta da truppe africane al fine di neutralizzare e disarmare i movimenti ribelli nelle regioni orientali sempre più presenti e spietati ai danni della popolazione civile.
Foto di copertina: Resti della scuola assaltata – fonte Vatican News
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