
James Lovelock era considerato un pioniere della scienza, un profeta dei cambiamenti climatici. Ed è stato il padre dell’ipotesi Gaia – formulata per la prima volta nel 1979 – secondo la quale gli organismi viventi sulla Terra interagiscono con le componenti inorganiche circostanti per formare un complesso sistema sinergico che aiuta a mantenere le condizioni per la vita sul pianeta. Cioè, la Terra come “unico organismo vivente”.
In questa calda estate, in luglio – nel giorno del suo 103° compleanno – ci ha lasciato James Lovelock, uno dei più autorevoli scienziati inglesi. Indipendente, e ritenuto dai suoi colleghi anticonformista, Lovelock si laureò in chimica, conseguì un dottorato in medicina e si occupò di argomenti come crioconservazione, futurismo, ecologia ed esplorazione spaziale (sviluppò anche dei dispositivi di analisi usati dalla NASA nelle sonde Viking). L’ipotesi Gaia (chiamata “A New Look at Life on Earth”) fu da subito criticata: era considerata dai colleghi “teleologica”, ovvero creata secondo una logica finalistica, contro i principi della selezione naturale e non in linea con la scienza diciamo “ufficiale”. Quella degli atenei, che è una scienza che, invece, investiga leggi e fenomeni naturali secondo una visione meccanicistica di causa-effetto. Ma siamo alla fine degli anni Settanta. Quando, per esempio, il termine “olistico” era scarsamente presente perfino nei vocabolari, e l’omeopatia era considerata poco più di una “strana” (e forse pericolosa!) pratica, proposta da pochissimi ardimentosi medici.

Lo scienziato inglese era un’icona dell’ecologismo, anche se aveva preso posizione a favore dell’energia nucleare. E, riguardo ai temi ambientali, uno dei principali meriti di Lovelock è stato aver inventato uno strumento (il rilevatore a cattura di elettroni) con cui misurare la presenza di molecole in una miscela d’aria. Grazie a questa invenzione scoprì la presenza di gas chiamati clorofuorocarburi o CFC in atmosfera, dove si stavano accumulando da quarant’anni per l’uso domestico e industriale. Sherwood Rowland e Mario Molina, studiando il lavoro di Lovelock, intuirono che i CFC raggiungevano la stratosfera ed erano implicati nel fenomeno del buco dell’ozono. I due nel 1995 vinsero il premio Nobel per la chimica, con Paul Crutzen per i loro studi sull’ozonosfera. Considerato comunque uno degli scienziati più influenti del nostro tempo, nel 2006, James Lovelock (anche per il suo lavoro sull’ipotesi Gaia) ricevette dalla Geological Society of London la medaglia “Wollaston”: il più alto riconoscimento conferito annualmente dalla società.
In copertina: Lucrezia Ruggieri – Ipotesi Gaia – Tecnica mista ©