Due interviste esclusive con l’allenatore Toby Booth e il secondo centro Michael Collins.
Il Galles si trova nel sud-ovest del Regno Unito e, con le sue alte coste frastagliate, guarda in faccia l’Irlanda.
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I gallesi, in lingua gallese Cymry, sono una popolazione appartenente alla famiglia delle lingue celtiche, un idioma nato intorno al I secolo a.C., protetto dalla legge e insegnato nelle scuole.
Il narciso e il porro sono i simboli nazionali del Galles.
Il tradizionale Dragone rosso, fatto risalire alla leggenda di Re Artù, rappresenta la bandiera nazionale gallese.
Il rugby in Galles ha origini antiche, discende dalla madre patria Inghilterra e dal 1860 iniziò a diffondersi nelle scuole pubbliche, fra le classi agiate e fra i possenti minatori, avvezzi a qualsiasi fatica terrena.
Nel 1881 il rugby era più diffuso del calcio e undici squadre si incontrarono nel distretto gallese della Contea di Nealth, Port Talbot presso il Castle Hotel per costituire quella che poi sarebbe diventata la Welsh Rugby Union (WRU).
Oggi la WRU è l’organizzazione responsabile di tutto il rugby gallese. Include oltre 290 club, la nazionale, le partite di coppa, i campionati nazionali e possiede il famoso e imponente Millennium Stadium collocato nel centro cittadino, lungo il corso del fiume Taff della capitale del Galles: Cardiff.
La costruzione dello stadio iniziò nel 1997, oggi è la sede degli incontri della Nazionale gallese di rugby e durante la pandemia da COVID-19 e il conseguente blocco della attività sportive, fu concesso al servizio sanitario gallese per installare unità di cura e ricovero per i pazienti.
Il rugby e la lingua gallese sono due peculiarità nazionali.
Il rugby e la nazionale gallese ricoprono un importante ruolo nella cultura e nella società. Sono un forte elemento aggregatore e motivo di orgoglio identitario, tanto quanto la lingua. Infatti si usa dire che, così come la coscienza popolare del rugby gallese è pari alle miniere di carbone e ai cori maschili, la lingua è il tutto. Difatti dal 1975 l’inno cantato dalla squadra nazionale è in gallese, non in inglese.
Hen Wlad Fy Nhadau (Land of my fathers – La terra dei miei padri) fu scritto nel 1856 da Evan James e nella Biblioteca nazionale del Galles sono conservate le più antiche trascrizioni.
Il Galles gioca con casacche rosse, pantaloncini bianchi e calze rosse. La seconda divisa è completamente grigio acciaio.
Gli Ospreys, ovvero i Falchi Pescatori, sono uno dei club di rugby appartenente alla Welsh Regional Rugby Era.
La squadra nacque nel 2003 quando la Federazione di Rugby a 15 del Gallese, per il miglior bene del Paese, decise di creare squadre su base regionale prendendo spunto dalla struttura organizzativo-sportiva vincente di altre nazioni (Irlanda, Sudafrica, Australia e Nuova Zelanda).
Gli Ospreys rappresentano le aree territoriali a sud del Galles e riproducono l’unione dei club più forti dell’area. La squadra e i tifosi hanno adottato il termine Ospreylia per indicare l’area geografica di competenza del team regionale e la parola Ospreylians per indicare i propri supporter.
Toby Booth, nato il 6 febbraio 1970, oggi è il Capo Allenatore inglese alla guida della squadra gallese degli Ospreys.
Booth inizia l’attività con i London Irish nel 2002 come assistente all’Accademia della società di rugby inglese e molti dei giocatori reclutati da lui in carriera oggi giocano ai massimi livelli professionistici.
Nel 2012, rimane in Inghilterra e si trasferisce a Bath, poi entra nello staff degli Harlequins, sempre come assistente allenatore e dal febbraio 2022 è in forza agli Ospreys.
Michael William Vincent Collins, 185 cm e 99 kg, gioca tre quarti negli Ospreys con particolare predilezione per il ruolo di secondo centro con la maglia n 13.
È orgogliosamente fiero di essere in squadra con il mitico Alun Wyn Jones, il seconda linea con il maggior numero di presenza internazionali al mondo e del Galles.
È un giocatore professionista di rugby nato il 3 giugno 1993 a Otago – Nuova Zelanda – dove ha giocato anche come capitano, poi trasferitosi a Auckland con la squadra dei Blues.
Ha rifiutato le offerte della National Rugby League (NRL) australiana, il rugby a XIII giocatori, ritornando a Otago nella squadra di alto livello dell’isola del sud con sede a Dunedin, gli Higlhanders.
Ha giocato nelle Scuole della Nuova Zelanda e della Nuova Zelanda U20. Ha vinto tre volte il prestigioso Ranfurly Shied (il trofeo delle selezioni provinciali neozelandesi di rugby a XV).
L’esordio con gli Ospreys, nel settembre2021 lo ha visto realizzare due mete contro i gallesi dei Dragons con una prestazione da Man of the Match.
Solido e roccioso in tutte le fasi del gioco si è trasformato in un giocatore affidabile, oltre che un eccellente e cordiale comunicatore.
Collins è qualificato gallese, tramite suo nonno materno nato a Llanelli, città dalla solida tradizione rugbistica.
Prima del suo arrivo agli Ospreys ha dichiarato a Rugypass, in merito al suo trasferimento in Galles: “Penso che l’impostazione dell’allenatore Toby, sia piuttosto buona. L’ho esaminato un po’ e sembra che abbia una buona cultura e penso che a molti giocatori piaccia giocare per lui, il che è un buon inizio”.
Rispetto al suo ruolo da giocatore ha aggiunto: “…quello che voglio provare a fare è giocare come distributore di palloni, organizzatore del gioco e avere un impatto sulla partita, quando possibile…”.
A Parma, dopo un incontro fra Zebre e Ospreys e fra una chiacchierata e l’altra, i due autorevoli gallesi dedicano alcuni istanti del loro tempo al nostro National Daily Press.
Li informiamo subito che il nostro è un giornale di approfondimento e d’informazione e quindi rivolgeremo domande generali, non specificamente sportivo-rugbistiche. Sorridono entrambi, forse compiaciuti e pare un poco rilassati. Infatti si sono appena sottoposti ad un serrato fuoco di fila della stampa gallese collegata via web. Il rugby da loro è roba da far tremare le vene dei polsi, una professione per intenditori di alto livello. Non si scherza e si va giù duri con domande e risposte.
Domanda per entrambi, a scanso di equivoci, sui giovani rugbisti a inizio carriera. C’è qualcosa che vorreste dire ai giovani rugbisti ai primi passi sul campo da gioco? A quei ragazzi che vedono nei giocatori e negli allenatori di rugby dei modelli da seguire? Avete qualche consiglio da dare, dal punto di vista del Galles?
Risponde l’allenatore
Abbiamo portato molti giovani a giocare per gli Ospreys e ora molti di loro giocano per il Galles. Per me l’atteggiamento e il comportamento sono importanti, vengono prima di tutto.
Spesso i giocatori e soprattutto i giovani hanno bisogno di un equilibrio tra due cose. Innanzitutto devono essere ben supportati, sia fisicamente che emotivamente, in modo da potersi sviluppare e poi bisogna creare un ambiente sano in cui i ragazzi possano crescere. Bisogna dare loro l’opportunità di esprimersi e di giocare.
Guardiamo anche il giocatore in attesa di un suo parere, invano, ma riceviamo un cordiale sorriso.
Prosegue coach Booth.
Di sicuro la cosa più importante è che i ragazzi siano seguiti da allenatori in grado di capire che i ragazzi non saranno perfetti, che avranno bisogno di tempo e di spazio per commettere errori.
È molto importante per i giovani ragazzi inserirsi in una squadra, in un gruppo e con degli allenatori che permettano loro di farlo.
A quel punto ci rivolgiamo direttamente al giocatore. Michael, qual è il momento più difficile da giocatore e cosa bisogna fare nei casi di infortunio?
Penso che gli infortuni siano difficili da gestire, soprattutto quando si è più giovani. Si vuole sempre giocare, avere l’opportunità di impressionare allenatori e selezionatori, quindi quando ci si infortuna è facile abbattersi. Ma quello che ho imparato è che quando si hanno infortuni non si deve mollare. Gli infortuni son parte della vita, si devono trasformare in un’occasione per esercitarsi in un’altra abilità, ad esempio con i passaggi, a destra e sinistra, con i calci piazzati…
Quindi durante gli infortuni è opportuno sviluppare altre caratteristiche oltre a quelle che si devono sviluppare quando si gioca…
Sì, incoraggerei tutti i giovani e i ragazzi ad alternare le competenze. Ad esempio è importante affacciarsi al mondo del calcio e del gioco al piede. È importante praticare le proprie abilità il più possibile, perché credo che molti giovani in questo momento si preoccupino della stazza, della velocità e della forza, ma questi elementi e caratteristiche arriveranno più avanti, quando si entrerà nei programmi specifici, ad esempio quelli degli allenatori.
Si gira, sorride, guarda il suo allenatore e prosegue.
Le Accademie si occupano di questo, ma, se siete giovani dovete sempre esercitare tutte le vostre abilità e farle crescere. Calciate sempre e imparate a passare bene, sono due contesti che possono tirarvi fuori dai guai in seguito.
Una domanda sulla Nazionale, italiana e gallese. Qual è il vostro parere sull’Italia in generale? La considerate in crescita?
Risponde subito il giocatore e sorride
È stata dura vederli battere il Galles l’anno scorso, non è stato un bene per noi, ma è stato un bene per l’Italia. È stato un momento brillante per loro. Credo che gli spettatori amino vedere l’Italia e le squadre che giocano come l’Italia fanno davvero bene al nostro sport.
L’allenatore non si tira indietro e aggiunge
Credo che adesso la “cosa Italia” sia chiara. Vogliono essere una squadra unita. Prima erano bravi nelle mischie e in alcune parti del gioco, ma ora sono straordinari. Ora, come squadra, hanno un’identità molto chiara e questo significa che, quando i giocatori arrivano ad essere selezionati, capiscono cosa devono fare e cosa devono dare in campo. E quindi non c’è un calo durante il match.
Quando i giocatori arrivano nel gruppo della nazionale, sanno cosa li aspetta, sanno come è fatta la struttura di gioco e conoscono come si svilupperà la squadra italiana. E se hai un’identità chiara significa che puoi essere più compatto e coerente.
Grazie, buon rugby e buona Coppa del Mondo
Si ringraziano: Wikipedia, ospreysrugby.com; rugbypass.com; walesonline; planetrugby.com; Zebre Rugby Club.